Opinioni – La fiera della prepotenza
segna il fallimento della politica

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di Bernardo Carli – “Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur, …”
Un po’ di cultura classica per dire che ciò che è già avvenuto è spesso metafora di ciò che sta accadendo. La frase è di Tito Livio, storico romano tra il 50 a.C e il 20 d.C. : “Mentre a Roma si discute, Sagunto viene espugnata”. Mentre il senato si consumava in inconcludenti discussioni, la città di Sagunto, dopo un lungo assedio, veniva espugnata e rasa al suolo da Annibale Barca. Piccola nota locale: Annibale è quello degli elefanti, lo stesso del quale si stanno approntando i festeggiamenti in occasione della battaglia del Trebbia. Vale la pena ricordare che si tratta di condottiero africano, astuto quanto spietato che poco ci mancò che facesse subire a Roma la sorte della citata Sagunto. Riflessione, mi domando: con quale motivazione noi, eredi dei cives romani, festeggiamo un invasore pericoloso e sanguinario che fece strage del nostro esercito sulle rive del nostro fiume?
E arriviamo al punto.
Son passati oltre due mesi da quando per l’ultima volta ho scritto di politica. Si concludeva una campagna elettorale dominata da notizie false, calunnie e altre amenità. Scrivemmo che era indispensabile non far mancare la presenza al voto, che la politica è un’arte nobile alla quale non ci si dovrebbe mai sottrarre. L’appello era rivolto a tutti, ma soprattutto ai giovani, perché questi sono il futuro dell’Italia. Raccomandavamo di non cedere alla nausea di fronte alle debolezze umane che stanno pure nella politica.
Due mesi ed eccoci qua a dover dire ai giovani, a coloro che avevano raccolto il nostro appello, che non potevamo immaginare quanto sarebbe poi accaduto. In verità non è la prima volta che la formazione di un governo richiede tempo; è già accaduto e accadrà ancora, giacché la prudenza non ammette fretta, ma a distanza di oltre due mesi, poco è cambiato dal giorno dopo le elezioni se non la constatazione di un fallimento della politica.
Il confronto tra l’attuale situazione e quello che si è detto durante la campagna elettorale, provoca scoramento: le affermazioni bellicose, i giudizi tranchant sugli avversari al limite dell’ingiuria, le sentenze senza prova d’appello, si sono dissolte come neve al sole. Tanti anni fa, la mia generazione accolse come capziose fino al ridicolo certe formule politiche. Erano gli anni delle “convergenze parallele”, con buona pace di Euclide. L’ossimoro di allora era tuttavia funzionale a varare quella nuova formula di governo che si chiamò compromesso storico. Nulla a che vedere con quello che accade in questo tempo. Per carità, avevamo capito tutti che la promessa di Berlusconi di innalzare la vita media a 120 anni era una spiritosa boutade da imbonitore, ma tutto il resto era credibile e spacciato per fattibile: reddito di cittadinanza e cancellazione di ogni beneficio acquisito per i politici di vecchia data, anche se il provvedimento appariva fragile da un punto di vista costituzionale come un castello di carte. Inutile elencare tutte le promesse, sta di fatto che siamo andati alle urne convinti che non ci sarebbero stati “inciuci” e fiduciosi in ciò che era stato promesso, anche se in alcuni casi sembrava assai complicato. Questo però sarebbe poca cosa, perché di compromessi è fatta la politica. Il fatto davvero “sgradevole” è che le parole dure, gli attacchi bassi, gli insulti e le trivialità in un battibaleno sono state dimenticate. “Mai un governo con Tizio”, “meglio qualunque sventura piuttosto che stringere rapporti con Caio”, “le nostre posizioni sono del tutto inconciliabili”, “il suo partito è nazista” ecc. ecc. . Queste cose sono state dette pubblicamente poco più di due mesi fa e adesso si fa finta che tutto questo non sia mai accaduto. Oggi nessuno si prende la briga di motivare ritrattazioni davvero indecenti di fronte ad un elettorato che non può che pensare il peggio della politica. Ci sia consentito tuttavia dire che vi è una sola forza politica che si è astenuta da tante intemperanze; questa però è la perdente, quella che ha meritato meno voti. Che significato ha tutto questo? L’elettorato legittima bugie e volta faccia? Oppure chi ha governato paga il prezzo d’essersi sporcato le mani nel cercare di tenere in piedi una baracca che stava vacillando. Certamente il PD non è privo di colpe, ma gli si riconosca almeno di aver agito con dignitosa moderazione, di non aver urlato, fatto proclami. Oggi questa stessa forza ha scelto di occupare il ruolo che l’elettorato gli ha affidato: stare all’opposizione, ma questo gesto suscita di nuovo critiche e attacchi, gli si rimprovera di non partecipare a questa poco edificante fiera della prepotenza.
Intanto Sagunto crolla sotto l’incombere degli eventi.
Ma la memoria corta non è prerogativa solo dei politici se un autorevole giornalista inglese, forte dei costumi più sobri del suo paese, si meraviglia dell’atteggiamento reverenziale della televisione di Stato nei confronti di Silvio Berlusconi (ovvio che nelle sue reti televisive la reverenza è d’obbligo). A lui mai vengono fatte domande o rammentate le sue vicende giudiziarie, le condanne in giudicato per reati particolarmente odiosi per chi pretende di amministrare uno Stato che ha imbrogliato e derubato.
Da tutto questo marasma che ci condurrà fatalmente ad elezioni anticipate per incapacità di formare un nuovo governo, quali previsioni si possono fare con certezza assoluta se non un notevole incremento dell’astensionismo, quel male che anche noi, nel nostro microscopico piccolo, avevamo cercato di combattere sollecitando ogni cittadino e soprattutto i giovani a non disertare le urne.
Con la medesima legge elettorale, inefficace e pasticciata, frutto di tanti inutili compromessi, la situazione di stallo rischia di restare tale con l’aggravante di aver ulteriormente nauseato i cittadini rafforzando scetticismo e rabbia nei confronti della politica tout court.

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