D’Amo sulla crisi della sinistra
“Tornare a seminare, per raccogliere”

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Gianni D’Amo

L’annuale assemblea di Cittàcomune si è appena svolta. L’originale think-tank piacentino (un luogo in cui politica e cultura trovano felice sintesi) ha rinnovato il suo direttivo e Gianni D’Amo, fondatore dell’associazione insieme a Piergiorgio Bellocchio, offre a “Corriere Padano” la sua analisi del freddo (c’era perfino la neve) 4 marzo 2018.
“La prima cosa riguarda la partecipazione, che è stata molto alta, simile a 5 anni fa, tenendo conto che si è votato in un giorno solo: la gente aveva voglia di andare a votare. Poi, sul risultato, un aspetto di cui si parla poco è questo: cinque anni fa il Pd arrivò al 25 per cento, oggi è al 18; la coalizione di centrosinistra al 30, ora si ferma al 22. Allora, però, l’area centrista (Monti, Casini, ecc.) ottenne il 10 per cento dei voti: intendo dire che un’area di governabilità del centrosinistra che includesse Casini e la Lorenzin arrivava tranquillamente al 40 per cento. Adesso, racimolando tutto, la medesima area si ferma al 23 per cento: nella sconfitta ci si è mangiati quella fetta di moderati antiberlusconiani, diciamo così, di cui si sono dimenticati tutti (il 10 per cento non è mica poco!). E va messo nel conto che di quell’esperienza lì sono rimasti Casini eletto a Bologna e lo 0,5 della Lorenzin. E’ la fotografia dell’isolamento di quello che è stato il centrosinistra e prima ancora l’ulivo rispetto alle forze che hanno vinto. Mi sembra quindi che la crisi della sinistra sia profonda, molto profonda.
Su chi ha vinto, inoltre, non c’è molto da discutere poiché è molto chiaro. L’unico problema è che hanno vinto in due: il dato dei 5 Stelle è clamoroso (io pensavo 28-29%) ma sfruttano la spinta di un vento favorevole; il dato della Lega mi suona ancora più clamoroso: hanno quadruplicato i loro voti. Se devo dare un giudizio sul clima del paese, dico che una maggioranza di tipo politico-programmatico c’è. A me non piace, ma c’è. Mettendo insieme un certo numero di temi della Lega e dei 5 Stelle variamente declinati, che cosa pensi la maggioranza degli elettori italiani si capisce nettamente: critica pesantissima della politica, molte riserve nei confronti dell’Europa, l’idea che ci siano delle soluzioni salvifiche dietro l’angolo tipo flat tax o reddito di cittadinanza. Quello che impressiona di più riguarda tutta una serie di coordinate politico-ideali, il patrimonio della sinistra negli ultimi decenni, divenute marginali nel paese. E’ il segno del profondo distacco tra tutto ciò che si è chiamato sinistra (partiti, organizzazioni sindacali, movimenti) e il paese. Crisi molto profonda. C’è in giro un clima, un risentimento molto forte. Io sono molto preoccupato.
Il tutto è aggravato dalla situazione europea: in Germania la socialdemocrazia è in crisi, in Francia idem. E si tratta di una crisi profonda che dovrebbe portare a un ripensamento altrettanto profondo, in primis a partire dai valori: quali sono i tuoi valori di fondo? La solidarietà, l’apertura, l’idea che l’unica regola non è il mercato ma un mercato che in qualche modo controlli e indirizzi. Il primo valore che dovrebbe venir fuori è che la dimensione in cui si ragiona è internazionale, per me non è neanche concepibile non ragionare in termini europei: una sinistra europea, un sindacato europeo, delle misure senza le quali neanche ti metti a interloquire rispetto ai problemi che sono all’ordine del giono, che siano quelli finanziari, della produzione industriale o del movimento delle persone. Ogni tentativo di tipo nazionale (per non dire nazionalistico) mi sembra fuori discussione. La posizione nazionale c’è già ed è dominante, ma non porta da nessuna parte oggi, così come non ha portato da nessuna parte ieri, nel Novecento, se non a due tragiche guerre mondiali.
Come si fa non lo so”.
Ma sull’immediato, sulla politica dei partiti, che cosa si può dire?
“Mi colpisce una certa ‘buona creanza’ all’interno del partito che ha la massima responsabilità; da Renzi mi sarei aspettato qualcosa di più radicale, anche dal punto di vista dello stile, così anche in quelli che ha intorno. ‘Stiamo all’opposizione’, che scoperta. Quello che mi dovresti dire, per il peso e la responsabilità che hai avuto in questo paese (anche in questi cinque anni, anche per questa legge elettorale), è che tipo di opposizione vuoi fare e che tipo di governo potresti favorire. Il Pd deve dirmi che idea ha per uscire da questa situazione. Ce la si cava con poco. E’ il partito che ha avuto più potere in italia negli ultimi dieci anni, è stato classe dirigente, si sarà fatto un’idea di cosa si può fare. Mi sembra che la si butti un po’ sul ridere quando in realtà c’è ben poco da ridere”.
Che fare?
“E’ troppo tempo che il centrosinistra ragiona esclusivamente in termini di raccolto, dimenticandosi di seminare. Ecco il punto, non c’è più la semina: il lavoro nella società, nella vita di tutti i giorni, nella cultura, per proporre un blocco alternativo a quello che si impone oggi in Italia. La storia ci insegna che la soluzione non può essere sovranista, o nella variante assistenzialista del reddito di cittadinanza o nella variante flat tax. Bisogna seminare qualcosa se no non si raccoglie niente, e le provviste degli anni precedenti mi sa che sono state dilapidate, non c’è più fieno in cascina. Ma non mi faccia continuare con queste metafore – ride D’Amo- perché mi sembra di essere Bersani”.
E il governo? Secondo lei sarà possibile formarne uno?
“Sul governo può succedere qualsiasi cosa, ma per capirci un po’ bisognerà aspettare almeno la presidenza delle camere. Le dichiarazioni, ora, non contano niente, sono tutte quante mezzo fasulle. Altra cosa: non vorrei essere nei panni di Mattarella che da una parte ha una coalizione vicina al 40 per cento e dall’altra un partito che è uscito dalle urne chiaramente vincitore.
Io do una valutazione politica: secondo me se tra qualche mese l’Italia insedierà un governo senza i 5 Stelle, alla prossima tornata elettorale i grillini prenderanno il 50 per cento. Questo errore politico proprio non bisogna farlo. Ci sono problemi da risolvere ma se un partito ha la maggioranza relativa coalizzarsi tutti contro di esso è il modo migliore per convincere l’elettorato che la politica è contro gli elettori”.

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