Stefano Cugini: “Partecipazione dei cittadini alle scelte e chiarezza sui contenuti. Un’altra politica è possibile”

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NELLA FOTO STEFANO CUGINI

Stefano Cugini candidato di Alternativa per Piacenza: “Alle prossime elezioni non abbiamo un prodotto da vendere abbiamo una missione da compiere”

“Presto al via la campagna elettorale. Per i finanziamenti? Pensiamo a una raccolta attraverso il crawdfunding. Il motto è: poco da tanti per non dipendere dal tanto di pochi”

In politica gli obiettivi da raggiungere non sono solo quelli immediati, contingenti, dettati dalle scadenze elettorali. L’orizzonte è più ampio, va più in là, per questo “Vincere è importante ma non è l’unica cosa che conta”. Ne è convinto Stefano Cugini, candidato per le Comunali di Piacenza per Alternativa per Piacenza di cui è stato promotore insieme a Sergio Dagnino e Luigi Rabuffi.

Insieme agli obiettivi della prossima campagna elettorale (“Non vedo l’ora di stare in mezzo alla gente, la politica l’ho sempre fatta così. Non  conosco altri modi”) coltiva anche l’idea di “dare una possibilità a un altro modo di far politica”. Per questo la sfida di ApP – lo si capisce dai suoi ragionamenti – è stata tracciata. E lo riempie di entusiasmo. “Manca una nuova classe dirigente e va creata come il  pane. Una classe dirigente – dice – che prenda davvero il posto di quella che c’è adesso e non che faccia il signor sì né si faccia telecomandare da qualcuno”.

Mette sotto i riflettori i punti critici che intravede nella politica di questi anni. In essa individua la ragione che ha portato tanti cittadini a girare le spalle, ad allontanarsi, a non fidarsi più dei politici. Elenca una serie di ingredienti di cui il mercato della politica è carente. Due su tutti: lo spirito critico e chi coltiva il dubbio… e si dice convinto che “l’agire politico di oggi sia  tutto da rivedere”. Il desiderio è riuscire ad aggiungere alla politica “un granello di popolarità, nel senso di riallacciare un dialogo coi cittadini. Anche se i risultati non li vedrò”.

Perché? “Il tempo che mi sono dato per dedicarmi alla politica si va concludendo. Dopo questo giro non ce ne sarà un altro. Ho un’altra vita da vivere”.

Cugini mette l’accento sulla transitorietà della politica riprendendo il concetto dei costruttori di cattedrali “molto caro all’ex sindaco Paolo Dosi. Ci ha sempre parlato dei costruttori di cattedrali, di quelli che iniziavano a mettere giù le prime pietre delle grandi cattedrali gotiche sapendo già che non le avrebbero mai viste finire. Però dalla precisione del loro lavoro, pietra dopo pietra, dipendeva il traguardo finale: la guglia svettante sulla cattedrale. Ecco questa immagine me la sono sempre portata dentro”. Ricorda.

La utilizza come metafora da applicare alla politica per spiegare che ciascuno è un tassello di un progetto che non gli appartiene. Guai se fosse il contrario. “Fondamentalmente – dice – è anche lo spirito del volontario. Sai che stai donando qualcosa i cui risultati forse non vedrai…”

In questa intervista Stefano Cugini parla spesso di un’idea di politica nuova che parta dal basso e che apra alla partecipazione “vera” delle persone. Partecipazione – dice – non significa comunicare una decisione già presa. E’ un percorso lungo, difficile che necessita disponibilità e tempo. E arriva naturalmente a parlare di Alternativa per Piacenza. Il gruppo da cui – dopo un anno di lavoro sui programmi – si è staccato il Pd. Un distacco che ha fatto discutere e per alcuni versi inatteso. O forse no. Distacco seguito poi dall’addio di Cugini ai Dem. Quasi un effetto domino.

Politicamente Stefano Cugini nasce nella Sinistra giovanile “sono del ‘72 vado verso i 50 anni – dice – e i primi passi di politica sono stati lì, negli anni della Bolognina”. Era il 1989. L’anno in cui Occhetto annunciò la svolta del Pci.

Prese avvio “la Cosa” che poi sfociò nel Pds. Poi il lavoro – sempre nell’ambito sociale – mi ha portato lontano dalla politica fino al 2009 quando entrai a far parte di una lista civica che sosteneva la candidatura di Gianluigi Boiardi come presidente della Provincia “per pochi voti non entrai in consiglio”.

Poi nel 2012 una nuova esperienza. Questa volta in corsa per il consiglio comunale nella lista del Pd per sostenere l’elezione di Paolo Dosi (“Dal punto di vista umano Paolo per me è stata una scoperta bellissima e un punto di riferimento meraviglioso”); successivamente nel 2014 sostituirà Giovanna Palladini come assessore al welfare.

Il suo rapporto con il Pd? Più volte si definisce “eretico” nel suo rapporto col partito. E ora ne è uscito lasciando l’incarico di capogruppo a palazzo Mercanti raggiunto nel 2017 dopo un’elezione di successo “il più votato del Pd e del consiglio comunale”.

Stefano Cugini è candidato di Alternativa per Piacenza un esperimento di politica civica e partitica insieme. Coalizione formata da M5s, Europa Verde, + Europa, Sinistra italiana che si contrapporrà alla coalizione a guida Pd che raccoglie varie sigle.

Partiamo dagli argomenti concreti. Partite programmatiche che lasciano aperte visioni differenti tra partiti e coalizioni. Dal segretario del Pd Carlo Berra è arrivata una critica all’azione del Pd in Comune riguardo al mercato ortofrutticolo… Si doveva rilanciare con una proposta fattibile come la pedonalizzazione della zona sud-est della città…

“Mi ha lasciato un po’ perplesso in particolare su questa questione quando dice ‘se fossi stato il Pd… avrei fatto’. Berra era Pd e nessuno vieta al partito di discutere e condividere insieme le linee che il gruppo consigliare porta in aula. Quante volte come gruppo abbiamo chiesto di avere supporto da questo punto di vista. Sulla questione il gruppo consigliare ha studiato le sue carte e ha portato avanti le posizioni che riteneva corrette. E poi dire che quello che pensavano gli altri era una stupidaggine rimanda un  po’ a quell’arroganza autoreferenziale propria di una certa politica. Sono convinto però che in una fase di passaggio storico come quello che viviamo, con tante insicurezze sia fondamentale rendere partecipi i cittadini delle scelte. Questa è la partecipazione che intendo io”.

Anche l’ospedale è un tema che ha sollevato non poche differenziazioni. C’è chi lo ritiene necessario e chi no ed è trasversale alle posizioni politiche. Poi c’è la questione legata alla scelta dell’area decisa dall’attuale giunta.

“Personalmente sono sempre stato convinto che l’ospedale sia una necessità e una priorità. Poi si apre il tema dell’ospedale attuale che fino al cosiddetto switch-off deve assolutamente funzionare al pieno delle possibilità. Gli interrogativi riguardano anche l’utilizzo futuro quando sarà tutto trasferito e occorre parlarne già ora. C’è una parte di città che da piazzale Torino a piazza Borgo è interessata da questa trasformazione con un tessuto abitativo, imprenditoriale e commerciale che deve avere risposte già da ora. Se non altro per programmare la propria vita in funzione di cosa si sceglierà di fare nella vecchia struttura e anche per avere voce in capitolo per fare proposte. Sempre  per stare al tema della partecipazione che per me è prioritario. Altro problema poi è la questione dell’area dell’ospedale.”

E’ possibile tornare indietro sulla scelta dell’area del nuovo ospedale?

“L’amministrazione dice che è tutto concluso. Nel mio programma di campagna elettorale lo dirò in modo molto chiaro: faremo di tutto per spostare quanto previsto nell’area 6 nella numero 5. I motivi sono stati ripetuti varie volte. L’area 6, indicata per la costruzione, non va bene perché si elimina un’area verde in un territorio agricolo che impiega del personale e dal punto di vista ambientale si toglie biodiversità.  Questa certamente è l’area più sbagliata di tutte.”

Quindi diventano di fatto due le aree su cui costruire?

“E’ del tutto evidente che se tra due aree adiacenti, un’area edificabile e un’area a verde decidi di costruire sull’area verde è chiaro che quella vicina all’ospedale diventerà l’area delle funzioni dell’indotto per l’ospedale.  Comunque sia, uno dei nostri impegni sarà sicuramente quello di valutare la possibilità di spostare nell’area 5 quello che oggi è previsto nell’area 6.”

Quanto al nuovo ospedale si era parlato anche della Pertite…

“La Pertite? Ero e sono convinto che nella logica di avere insieme un ospedale moderno e un parco mantenuto e fruibile dai cittadini la Pertite fosse una buona soluzione. Avevo proposto alla sindaca e al consiglio di indire un altro referendum poiché quando è stato fatto l’opzione ospedale non era prevista. Ho imparato da amministratore che il voto del consiglio comunale va rispettato e quindi per quel che mi riguarda, l’opzione Pertite come area per l’ospedale non esiste più. Non ci può essere un ritorno del dibattito sull’ospedale alla Pertite.  Ma è chiaro che ci deve essere un impegno serio per creare un vero parco alla Pertite. Questo sì”.

C’è il rischio che non lo si faccia e resti così come si trova ora?

“Sono contrario all’idea di chi dice ‘va bene anche così’. Bene, ok, non si costruisce lì, ma il parco lo si deve sistemare. Deve diventare davvero fruibile dai cittadini e quindi bisogna fare di tutto per ottenere la disponibilità dell’area. Di certo, ripeto, è chiusa l’ipotesi di un ospedale qui.”

E ora la politica. Katia Tarasconi candidata sindaca della coalizione a trazione Pd, in diverse occasioni ha parlato della necessità di un dialogo con Cugini per cercare di ricucire. Quale la lettura da dare a questa offerta di dialogo?

“Alle parole non sono seguiti i fatti quindi non posso dire nulla se non che ribadire la mia disponibilità a parlare. Non c’è nulla da ricucire con me”.

Potresti fare un passo indietro?

“Ancora una volta è una questione di condizioni. Se Pd e  coalizione individuassero queste condizioni insieme all’assemblea di Alternativa per Piacenza, insieme alle persone che seguono da mesi il percorso di ApP, io potrei farmi da parte. Anche subito, domattina. Non è Cugini il problema non è che devono convincere un capopopolo a rientrare nei ranghi. Parlino con l’assemblea di Alternativa e Cugini non sarà mai un ostacolo”. 

Ma si tratta di un invito a tornare al punto di partenza a quando il Pd ha deciso di lasciare ApP…

“Oggi la coalizione a guida Pd esprime una candidatura che è espressione di chi non ha mai visto e considerato quello di Alternativa per Piacenza un percorso vincente. Il Pd in questo momento dice: parliamo. Bene, parlare è sempre è possibile. Ma ci sono punti fermi che vanno chiariti.”

Quali?

“Occorre capire che ne pensano Pd e coalizione di partecipazione dal basso e di pari dignità tra i soggetti in campo. Ritengo che su questo siamo esattamente speculari. Anche sulla pari dignità direi che non ci siamo. Ricordo che quando la coalizione (ApP) ha indicato una candidatura che non andava bene al Pd sono state poste le primarie quasi fossero un elemento salvifico. Successivamente, quando le primarie sono state accettate, il Pd ha ritirato la disponibilità. Ha archiviato le primarie e ha scelto la sua candidata, allargando poi al triumvirato rosa con Paola Gazzolo e Paola De Micheli.. Terzo e ultimo punto riguarda l’ambito della coalizione che il Pd sta costruendo. C’è la necessità di un collocamento non ambiguo nel centro sinistra. Mi sembra che questo non stia avvenendo…”

Dove individui ambiguità nella collocazione nel centrosinistra da parte della coalizione a guida Pd?

“In primis nella stessa guida del Pd. E poi la candidata che in questo momento guarda più a realtà come Azione, Italia Viva ma non solo, ci sono i contatti in corso  con i liberali, con la Buona destra… Tutto legittimo certo. Mi sembra però che sia l’identikit di un percorso neocentrista che ammicca al centrodestra. Mi ricorda, come ho già detto in altre occasioni, la Dc andreottiana. Questa impostazione mi sembra in contrasto con l’idea che spesso Bersani lancia di un centrosinistra moderno. Quindi se osserviamo la partita da questo punto di vista, le scelte di campo che si stanno facendo… ebbene, tutto questo cosa c’entra con ApP?”

Articolo Uno di Bersani però ne fa parte…

“Ho imparato a fare molta differenza tra le dirigenze dei partiti e l’elettorato. Francamente con un’impostazione così faccio fatica a capire come possa riconoscersi un elettore di Articolo uno o di ER-Coraggiosa”.

Uno degli elementi chiave della politica è la mediazione.. accantonare un po’ di sé e assumere un po’ degli elementi altrui. Per avvicinarsi di più all’altro… Non è così che si fanno le coalizioni?

“Credo però che i cittadini in questo periodo abbiano bisogno di più chiarezza. In politica è giusto essere disponibili a confrontarsi con tutti, ma non può essere condivisibile l’idea di essere tutti. La politica troppo spesso prova a essere tutti… e in questo modo alla fine non si riesce a concretizzare niente. Presentarsi come “tutti” è un atteggiamento che può pagare in termini elettorali, ma le contraddizioni interne le sconti dopo. Il risultato? I temi su cui non ti trovi li lasci nel cassetto perché lì non danno fastidio a nessuno… Ma non si viene eletti per questo…”

Quindi chiarezza di linguaggio e di contenuti è questo il ragionamento?

 “A livello locale si dice bisogna parlare a tutti perché il sindaco governa per tutti… ma ci mancherebbe altro. Il candidato però quando si presenta con la sua formazione deve dare un’immagine netta al cittadino. Quando si chiede il voto i cittadini devono sapere che vai in quella direzione o in un’altra. Non può essere credibile una posizione che vada bene per tutti… non è più il tempo. Le unità di facciata non servono a niente”.

Critica dura… E’ unità di facciata quella intorno al Pd?

“Spero per tutti che non sia così. Naturalmente mi auguro che la destra non governi più Piacenza per il futuro… mi resta però  il dubbio che dicevo prima. Cosa possa avere a che fare Articolo uno con la Buona destra e con i Liberali non so… Faccio molta fatica a capirlo. Mi sembra che si vogliano sommare tante sigle per avere forza durante la campagna elettorale e competere con Barbieri. Ma dopo, in caso di vittoria, è pacifico che ci si deve mettere d’accordo. Le esperienze ci dicono che di solito, non potendo metterti d’accordo sui valori perché sono troppo distanti, finisce che l’intesa la trovi sulle poltrone. E questo è un modo di far politica lontano da ApP. Sarà utopica fin che si vuole ma ApP nasceva per convincere la gente che si può far politica in altro modo. Ripeto, mi sembra un insieme di tante sigle in corsa per scavallare la compagine di Barbieri. Non mi ci ritrovo in una dinamica del genere. Vincere è importante ma non è l’unica cosa che conta”.

Torniamo a parlare di Pd. Hai definito il tuo un rapporto eretico con il partito da cui ora sei uscito. Quale sarà ora il tuo progetto politico?

“Naturalmente è Alternativa per Piacenza il mio progetto politico. Noi non abbiamo un prodotto da vendere, abbiamo una missione da compiere.”

Impegnativo…

“Faccio politica per mettere un granello di popolarità nella politica. E’ necessario avvicinare i cittadini alla politica che invece è sempre più autoreferenziale e che in questi anni va in crisi di rigetto ogni volta che si chiede un cambiamento vero e autentico. Non ho altri progetti che questo: far capire ai cittadini che si può gettare un seme e che può crescere. Ecco, su questo fronte un’alternativa c’è davvero. E’ formata da un gruppo di persone che, un po’ naif e un po’ spontanee, ci credono davvero. E’ davvero aria pulita quella che sento in questo periodo. Pur con tutti i limiti di non essere in una struttura organizzata come invece è quella di partito”.

La tematica forte è quella ambientale e forse per intervenire subito servono passi graduali. Come pensate di convincere le persone a tornare a votare? Siamo una città molto vecchia che fa fatica a rispondere con vivacità alle novità che proprio il tema ambientale pone. Come li convinci che hai il progetto che fa bene anche a loro?

“Sì, l’ambiente. Insieme a quello della partecipazione, è il più politico, quello ambientale è il tema dei temi. Mi sento di dire che è veramente l’unico ambito in cui ci vuole un doppio passo: moderazione nei tempi di realizzazione e radicalità di pensiero. Alle persone (anche quelle con l’impronta più conservatrice) mi sento di dire di pensare ai loro figli e nipoti. E’ questa la chiave, c’è un futuro da lasciare alle nuove generazioni. Un concetto quanto mai attuale in questi giorni di guerra.”

Cosa intendi per radicalità nel pensiero?

“Sono rimasto scioccato dal dato che basterebbero cento testate nucleari per far sparire la vita sulla terra. Ecco su questi argomenti anche una persona che ha già fatto un percorso di vita deve tener presente che non abbiamo più tempo da perdere per lasciare un mondo migliore alle nuove generazioni. Dall’azione ambientale non si può scappare. Mentre certa politica continua a fare il contrario, noi diciamo che ci vuole moderazione nei tempi e radicalità nel pensiero … Invece certa politica a parole dice di volere il cambiamento poi nei fatti tutto va avanti come sempre e si nasconde dietro le solite giustificazioni… ‘non è il momento’; ‘non ci sono le risorse’; ‘ci sono altre priorità…” Ecco questo mi sento di dire alla gente: c’è da preparare il futuro per altre generazioni che ci stanno dicendo a gran voce che questo futuro lo vogliono. Non si può più tergiversare”.

Ora il rapporto con il Pd è diventato difficile. Perché è precipitato?

“Il rapporto difficile col Pd? È un misto di causalità e idealismo”.

Cosa intendi dire?

“Lavoravo nel mondo del volontariato quando mi venne chiesto di impegnarmi in politica.  In quel periodo ero allo Svep. Avrei dovuto lasciare la mia associazione ed ero incerto sul da farsi. Per un consiglio, vista la sua esperienza politica, andai da Giovanni Bianchini, ex parlamentare e presidente di Assofa. ‘Cosa faccio?’ Chiesi. ‘Il mio mondo è il volontariato, cosa devo fare devo lasciare e accettare?’ Alla fine mi convinse con queste parole: ‘Nella tua associazione  – mi disse – ti puoi prendere cura dei tuoi utenti, ma sono pochi. Se tu lavori nel governo della tua città ti puoi prendere cura di tutti i cittadini che hanno bisogno’. E così ho fatto quella scelta nella quale ho sempre messo davanti le mie convinzioni alle dinamiche politiche. Questo mi ha portato a non essere mai un fedelissimo dell’una o dell’altra componente. Sì, credo di essere sempre stato un po’ eretico”.

Eretico, ma poi ricandidato ed eletto nel 2017

“Finita l’esperienza di assessore mi sono ricandidato per il partito cui appartenevo. I cittadini hanno deciso di premiarmi sono risultato il più votato di tutti i consiglieri. Sono diventato così capogruppo in consiglio comunale.  Poi in questo periodo la scelta di abbandonare quell’incarico e il partito. E’ stata molto sofferta e mi provoca molta sofferenza anche adesso. Ne resto però convinto e ritengo giusto averla fatta.

Perché il Pd non ha riconosciuto la candidatura Cugini?  Un atteggiamento legato alla partecipazione alla giunta Dosi che di recente il nuovo segretario Pd Berra ha definito una delle peggiori?

“Dapprima voglio sottolineare che queste affermazioni sono irriconoscenti verso Paolo Dosi. Abbiamo vissuto un periodo complicatissimo. Non c’erano soldi per nulla. Per dirla con un paradosso ci litigavamo perfino gli addobbi natalizi. I tagli alla spesa erano enormi e l’emergenza profughi era devastante soprattutto per quanto riguarda il problema molto scottante dei minori non accompagnati. Era questa l’unica voce non controllabile. Per legge te ne devi far carico e non riesci a prevedere quanti saranno. Questo significa dover stanziare milioni di euro. E questo aveva messo a rischio il bilancio comunale. Si rischiava di non riuscire più a fornire i servizi. Tutti i servizi in campo sociale. Se il problema non fosse stato così grave non avrei deciso di fare quel blitz all’ambasciata albanese. Molto discusso che però poi ha risolto il problema. Quello di Berra è un giudizio irriconoscente verso Dosi ed è anche strumentale perché voglio far notare che le 4 persone più votate del Pd nelle elezioni successive sono state, oltre al sottoscritto, Giorgia Buscarini, Christian Fiazza e Giulia Piroli. Con il loro voto i cittadini non hanno premiato la giunta Dosi ma sui singoli direi che si sono espressi in modo chiaro”.

Ti sei mai pentito del percorso che hai fatto in questa vicenda di Alternativa? Riconosci qualche errore?

“In generale sono fatalista, l’imperfezione, gli errori fanno parte del percorso. Forse mi sono fidato troppo di alcune persone convinto che credessero nello stesso modo in questo percorso. In generale… ho rimandato alcune decisioni che sentivo dovessero essere prese perché sentivo che avrebbero pregiudicato l’obiettivo dell’unità che poi alla fine non è stata in piedi ugualmente”.

Intendi la scelta di lasciare il Pd?

“La sensazione di essere ‘eretico’ nel Pd non era di quel momento. Era presente da tempo, ma lasciare prima sarebbe stata deflagrante col ruolo che avevo. Il perché di quella sensazione forse si spiega con quella dose di spontaneismo che mi arriva dall’esperienza del volontariato che sta un po’ stretta nelle dinamiche di un partito. Al Pd comunque ho dato  assoluta lealtà anche per rispetto dei cittadini: sono stato eletto col il simbolo di un partito e quindi non era assolutamente nella mia intenzione farmi vedere con altre casacche che non fossero quelle del mio partito.

Quanto ai rimpianti, no non ne ho. Alla fine le cose vanno come devono andare. Alcuni passaggi avrebbero potuto essere fatti in modo diverso, più chiari, più limpidi. E se così non è andata mi prendo la mia quota di responsabilità. Le eventuali colpe non stanno solo da una parte.”

Quanto è sinistra radicale la coalizione che sostiene Cugini?

“Direi che questa affermazione dimostra che si è mosso ‘l’apparato’ che ora cerca di applicare etichette che fanno molto comodo. Nel dibattito pubblico infatti,  quando si parla di Alternativa per Piacenza, è sparita la definizione di centrosinistra. Si parla solo di sinistra e dalla coalizione sembra che il centro sia sparito. Direi che definire ‘sinistra radicale’ un partito come Più Europa è difficile e poi sinistra radicale non sono le singole  persone che aderiscono ad Alternativa che hanno alle spalle tante esperienze e provenienze diverse. Inoltre va detto con chiarezza: radicale è un termine che spesso crea fraintendimenti”.

Chiariamolo il concetto di radicale che appartiene al vostro schieramento…

“Bene. L’approccio che si vuole dare ad alcuni temi tipo quello ambientale sì, è decisamente radicale. Volutamente. Come radicale è la convinzione sulla base della quale vogliamo trasmettere ai cittadini che un altro metodo di far politica è possibile. Ecco su questi due elementi sì, siamo radicali. Lo ammetto. Quanti più cittadini riusciremo a convincere che scegliere Alternativa significa anche indicare ai grossi schieramenti che il modo di far politica utilizzato fin qui non va, sarà un bene per la politica tutta.”

Quali i tempi per chiudere la preparazione della vostra campagna elettorale?

“Noi in realtà ci siamo già in campagna elettorale. Ora si sta lavorando attorno alla bozza di programma per limare e concluderla. Il problema di Alternativa è organizzativo. Stiamo cercando di capire come muoverci per lavorare e raccogliere anche i fondi. Voler star lontano dalle dinamiche consuete della politica ha anche dei costi. Il principio che ci siamo dati è ‘poco da tanti per non dipendere dal tanto di pochi’. Quindi avvieremo una raccolta fondi anche con il crowdfunding.”

E poi avete l’impegno delle liste. Quante saranno?

“Saranno più liste. Ci sarà una civica del candidato sindaco. Attenzione, non sarà una lista civetta ma formata da persone che credono seriamente nel progetto e provano a entrare in consiglio comunale. Stiamo inoltre dialogando con i partiti per cercare di capire le loro intenzioni. Quindi decideremo insieme a Più Europa, Europa Verde, M5s e Sinistra italiana.”

E le donne?

“Le donne hanno una marcia in più. Sono sempre stato contrario alle quote rosa. Le categorie non le sopporto. E quindi se a comporre la lista ci fossero 32 donne valide per me sarebbe una lista di 32 donne. Spero certamente che ci siano più donne possibili.”

Donne valide. Chi stabilisce la validità delle donne? Facciamoci caso… Sugli uomini il problema non si pone mai. Qualcosa vorrà dire…

“Sono cresciuto tra tante donne che non me lo pongo mai questo tema”.

Antonella Lenti

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