Confindustria prende posizione:
nuovo ospedale alla Pertite

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Alberto Rota

Vede rosa l’industria piacentina, almeno stando alle previsioni: il primo semestre del 2017 parla di congiuntura positiva e miglior risultato di Pil degli ultimi anni.
Alberto Rota è stato appena confermato con tutta la sua squadra (i vice Claudio Bassanetti, Giuseppe Colla, Maurizio Croci e Marco Livelli) al vertice di Confindustria Piacenza.
Presidente Rota, qual è lo stato di salute del sistema produttivo piacentino?
“Noi facciamo una statistica ogni sei mesi, a giugno e a dicembre, intervistando un centinaio di aziende del territorio. I sei mesi passati hanno visto un aumento di fatturato pari al 5 – 5,5% su tutte le aziende oggetto di consultazione. Ragionando per settori, troviamo le aziende alimentari con una crescita del 3%, industrie varie (legno, vetro, arredamento, packaging, barche, servizi)  + 11%. La metalmeccanica (uno dei due settori trainanti insieme all’alimentare) + 5,5%: bene il settore macchine utensili (Jobs, Mandelli), malino il settore olio e gas che sconta una penalizzazione legata al prezzo del petrolio. Nel 5,55 di crescita, tuttavia, rileviamo una significativa divaricazione tra la quota destinata all’export e la quota destinata al mercato italiano (rispettivamente + 9,5% la prima, +3,5% la seconda. L’impegno che abbiamo profuso sull’export, insomma, ha pagato”.
I dati forniti dovrebbero testimoniare di un’occupazione in crescita. E’ così?
“Nel secondo semestre 2016 l’occupazione si assesta su un + 1%, in linea con i dati dell’Emilia Romagna, regione leader in Italia insieme a Lombardia e Veneto. Quest’anno per l’Emilia Romagna si stima una crescita del Pil pari al 2,5%. Mi consenta di dire che se l’Italia facesse questi numeri saremmo a cavallo. Sappiamo – come testimonia la fondazione Ambrosetti – che la percezione del benessere si ha quando quando il Pil supera il 2%. L’Italia, secondo le stime, crescerà soltanto dell’1,3% mentre in Emilia Romagna, come detto, la crescita raggiungerà il 2,5/2,7%. E infatti da noi la percezione del cambio di marcia si avverte: più gente in giro, locali affollati, più traffico veicolare”.
Cosa si aspetta e cosa chiede Confindustria al nuovo sindaco?
“Siamo convinti che le aziende, la loro crescita, l’occupazione costituiscano il fulcro del benessere. Al nuovo sindaco e alla sua giunta chiediamo quindi di lavorare per lo sviluppo. Ciò significa rendere il nostro territorio attrattivo per aziende e investimenti, significa predisporre un efficace marketing territoriale. La capacità di attrarre si nutre di scuole e università di livello, di buoni ed efficienti collegamenti  stradali e ferroviari, soprattutto con Milano. Un sindaco ha la possibilità di aiutare la città a crescere dal punto di vista industriale. Naturalmente è necessario avere un progetto, una strategia. Il nostro obiettivo, e mi auguro non solo nostro, è trattenere sul territorio i ragazzi che formiamo nelle nostre università, fornendo loro posti di lavoro. E per questo ci vogliono aziende nuove, in  grado di assumere. Se arriva gente nuova a lavorare e a vivere qui, cresce tutta la città, cresce il Pil”.
Siete favorevoli all’ampliamento del polo logistico?
“I poli logistici, di per sé, non sono una disgrazia, viceversa sono un’opportunità se strutturati bene. A Castelsangiovanni abbiamo un polo logistico di livello superiore, a Piacenza 5000 addetti e anche qualche problema. Il livello superiore di Castello è dovuto a una regia in azione da subito; da noi è arrivata l’Ikea, insediamento importantissimo, ma il seguito non è stato gestito bene: una buona regia avrebbe previsto step ordinati: l’intermodalità (ferrovia, ndr), i servizi, ecc.  E’ anche vero che non siamo stati noi a scegliere la logistica ma è stata la logistica a scegliere noi. E’ arrivata l’Ikea e non eravamo preparati”.
Ma perchè non abbiamo ancora il collegamento ferroviario? Perché siamo così in ritardo?
“Diciamo che gestire i collegamenti ferroviari, in Italia, non è facile. Un polo ferroviario ha costi molto elevati e lo stesso management di Trenitalia, non mi riferisco all’attuale, non sempre si è profuso in un impegno riconoscibile”.
Nuovo ospedale. Par di capire che per voi industriali sia un’opportunità da non perdere.
“Certo, ci mancherebbe! Porta 250 milioni di investimenti sul territorio, un formidabile ricostituente per la nostra grande malata, che è l’edilizia. Il nuovo ospedale, inoltre, aprirebbe formidabili opportunità di ri-destinazione del vecchio (l’attuale, ndr). Come Confindustria, in collaborazione con l’Ordine degli Architetti, abbiamo promosso un concorso di idee e a settembre ne presenteremo gli esiti. Perdere questa opportunità sarebbe un errore grave, madornale. Parma è pronta a soffiarci l’occasione”.
Le sue parole suonano come una assunzione di responsabilità: traspare la volontà di riportare Confindustria a giocare un ruolo fondamentale in città. E’ così?
“Nasciamo come organizzazione di tutela per le imprese, il nostro scopo è fornire loro servizi. La proposta e l’opzione di favorire scelte sensate e proficue per la città rientra dunque nella nostra mission. Ci muoviamo in questa direzione e non temiamo le critiche: l’ospedale per noi dovrebbe sorgere alla Pertite poiché c’è lo spazio. Il parco? Certo, ma non da solo, poiché economicamente un’area così, tutta a verde, è insostenibile. E poi alla Lusignani il nuovo ospedale non ci sta. Problema bonifica? Non credo sia un problema insormontabile. Il punto vero è che occorre avere una prospettiva più ampia, lungimirante. Tornando al nodo fondamentale della capacità di attrarre investimenti, ribadisco che è il contesto a convincere un’azienda ad insediarsi: i collegamenti, i servizi, la connessione veloce, la viabilità”.
Problema dell’A21, l’autostrada che chiude Piacenza a Nord. Come avviare un processo di spostamento di quello che è un pesante vincolo?
“Prima di noi ci ha pensato Parenti (l’ex presidente della Camera di Commercio, ndr) che ha svolto il suo lavoro, appunto, con lungimiranza. Aveva disegnato la strada mediana, noi abbiamo ripreso e attualizzato il progetto: una strada che parte a Castelsangiovanni e termina a Fiorenzuola. Se, come sembra, i cinque principali corridoi viari europei dovranno avere almeno tre corsie, allora l’autostrada che passa sopra Piacenza dovrà divenire a tre corsie, per legge. Quindi? Aggiungiamo una corsia sopraelevata, con una spesa assurda, oppure cambiamo gioco alleggerendo il traffico e collegando centri importanti oggi mal collegati? Il progetto è stato finanziato da noi e dalla Camera di Commercio.  Lo abbiamo sottoposto al Ptr regionale affinché sia discusso. Il progetto è carico nostro, ora tocca agli altri. Sulla bontà di iniziative come questa, le porto l’esempio di Reggio Emilia. A Reggio è stata la Confindustria locale a finanziare (in gran parte) i progetti dei ponti di Calatrava e della stazione dell’Alta Velocità. Sono interventi che hanno cambiato l’immagine di Reggio Emilia. Ma c’era fermento, voglia di fare, con tutti che lavoravano e spingevano nella stessa direzione”.
Le associazioni industriali di Bologna, Modena e Ferrara si sono fuse in un’unica organizzazione. Piacenza non pensa a fusioni?
“Secondo noi si tratta di una mossa sbagliata. Un’associazione sindacale come la nostra deve avere riferimenti consolidati sul territorio, deve conoscere la realtà in cui vivono e operano le aziende. Noi valiamo per le conoscenze che abbiamo. Beninteso, poi stiamo mettendo insieme i servizi di Piacenza, Parma e Reggio, questo sì”.

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