Società mista per l’acqua, referendum ignorato?

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acqua pubblicaL’acqua deve essere un bene pubblico e come tale amministrato? O perfino l’acqua deve soggiacere alle famose e idolatrate leggi di mercato? La domanda, ben sappiamo, è retorica e chiunque risponderebbe pubblica come del resto ha decretato un recente referendum, già avviato  – come da tradizione di un paese complessivamente labile – sulla via della smentita, nemmeno tanto clamorosa. Ma qual è in realtà la posta in gioco? Per comprendere i termini della questione bisognerebbe conoscere la ricaduta sull’utenza dell’una o dell’altra scelta, ovvero quanto costerebbe al cittadino in termini di servizio e di costo un’acqua amministrata dal comune o viceversa da un gestore privato. Temo che lo sapremo (noi cittadini) solo a cose fatte e senza nemmeno il beneficio della controprova. Ad oggi, intanto, divampa la polemica politica, con l’oggettiva ipotesi di affidare, a livello provinciale, la gestione dell’acqua dei nostri rubinetti a una soluzione pubblico-privata. Con la firma del sindaco Paolo Dosi, infatti, dopo l’acceso confronto in Consiglio Comunale anche il Comune di Piacenza aderisce al protocollo relativo al progetto di fattibilità per la costituzione di una società a capitale misto ai fini dello svolgimento dei servizi idrico integrato e di gestione dei rifiuti solidi urbani nell’ambito territoriale piacentino. Prende il via dunque un percorso (“che potrà comunque essere sottoposto a ulteriori verifiche” ha tenuto a precisare Dosi) che ha ottenuto il consenso della Provincia e di tutti i Comuni piacentini, tranne Ottone e Cerignale.
Comitato Acqua Bene Comune e ambientalisti promettono battaglia premettendo che “chi non si oppone a questo protocollo nega referendum e realtà”. Con la rinnovata richiesta di una gestione completamente pubblica dell’acqua, ovvero “in house”, perché: “solo così si può garantire il rispetto del secondo quesito referendario del giugno 2011, che ha sancito l’eliminazione dei profitti dalla gestione dell’acqua proprio per evitare che si fosse condizionati da logiche di profitto e di mercato”.

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