Non esiste una “razza bianca” se non
nell’immaginario degli ignoranti

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Attilio Fontana, candidato per il centrodestra alla presidenza della Regione Lombardia

di Bernardo Carli – Vecchio, anziano, superato, agée’, matusa. I filologi sostengono che la dovizia di sinonimi che indicano la stessa cosa, rivela che questa è molto in uso.
Con ciò si dimostra che la categoria alla quale appartengo è particolarmente numerosa, fratta di portatori di protesi dentarie, sofferenti di acciacchi, artritici, prostatici ecc. ecc. fino agli sofferenti di “rin … mento” senile.
Stabilita l’appartenenza di chi scrive a tale categoria, mi sia consentito da qui in avanti l’uso del plurale “rappresentativus”.
Ciò che in questo tempo a noi fa specie sono le estemporanee esternazioni di alcuni personaggi che praticano la politica o aspirano a praticarla. Sembra che il ruolo di dover interpretare il pensiero altrui esuli totalmente dalle convinzioni di tali personaggi tanto che c’è da augurarsi restino al palo nelle prossime consultazioni elettorali. Se infatti è cosa abbastanza comune che ciascuno di noi, nel dialogo con amici o congiunti, si lasci andare ad espressioni approssimative e anche a qualche giudizio rapido quanto sommario, diverso è per coloro che parlano pubblicamente: in questo caso l’espressione linguistica, privata da un contesto confidenziale, assume un valore in certo senso “assoluto”. La parola resta incisa al pari di quella scritta. A seguito degli sgradevoli episodi dei quali diremo di seguito, ogni postuma precisazione è lecita, ma non nel caso in cui quando la responsabilità della improvvisazione viene addossata a chi ascolta perché non è riuscito ad interpretarne il significato. E’ questo il vizio di molti uomini pubblici, inaugurato da un leader della destra avvezzo a intemperanze che a fronte delle proprie gaffe se la prendeva con i giornalisti che “non avevano capito” il significato dei suoi svarioni.
Sarebbe buona regola coltivare quell’umiltà che ogni buon insegnante pratica quando è in cattedra: se gli studenti non hanno compreso la lezione, il gap sta nel difetto della comunicazione e non nella recezione. Questa umiltà, che è segno di intelligenza come ogni pratica di virtù, non appartiene certamente ad un signore, aspirante governatore di una regione, quando affronta il tema dell’immigrazione e ne dichiara il pericolo della nostra perdita di identità, mettendo in associazione un sostantivo ed un aggettivo che non ha ragione d’essere se non nella barbarie del razzismo. Il termine “razza bianca” è anzitutto errato da un punto di vista scientifico: genetisti e antropologi parlando del popolo di pelle chiara, usano il termine “indoerupeo”, con riferimento alle matrici che si sono affermate nel Dna di un popolo, pur nella consapevolezza che il genere umano tutto ha un’unica origine che, guarda caso, si colloca tra l’africa e l’oriente asiatico. Quindi non esiste una “razza bianca” , se non nell’immaginario degli ignoranti e nel disprezzo che questi manifestano per ciò che non conoscono. Tanto meno è giustificabile nel mondo globalizzato, dove il meticciato si è ampiamente affermato. I nazisti, che quanto a razzismo erano tristemente esperti, non parlavano di “bianchi e neri”, ma si rifacevano al concetto più raffinato di “razza pura o ariana” (il riferimento sta nella tradizione biblica) ; essi lasciarono i termini approssimativi quanto volgari alla propaganda becera, come quella fascista durante le tristi e vili progetti coloniali. Il nostro candidato, di fronte alle proteste, ha precisato che il suo era stato un lapsus ignorando che nella accezione freudiana i lapsus sono forme di espressione indiretta dell’inconscio ; in questo caso lo scivolone è ancor più grave giacché rivela quanto l’espressione sia in lui culturalmente radicata. Infine, il giorno successivo si corregge dicendo che la parola “razza” è innocua, giacché presente anche nel dettato costituzionale. Lasciamo correre sul fatto che un termine avulso da un contesto assume un significato quanto meno dubbio, ma chi gli ha suggerito che sia in corso il processo ad una parola? Il grave sta non in questa, ma nell’associazione all’aggettivo. C’è da domandarsi se il candidato “c’è o ci fa”. Nel primo caso prevale la stupidità, nel secondo una sorta di furbizia contadina ad uso dei creduloni, che poi saremmo noi elettori.
E’ possibile farci governare da uno stupido o da un furbacchione?
Oltre oceano un altro pittoresco personaggio, a causa di esternazioni improvvisate, per adesso fortunatamente sta creando soltanto incidenti diplomatici, ma in seguito il suo comportamento potrebbe renderlo responsabile di catastrofi di dimensioni incalcolabili.
Da anziani, come si diceva all’inizio,ci sia concessa la nostalgia per lo stile e la prudenza dei leader che dibattevano nelle “tribune politiche” di una volta. Albergava in quei personaggi il senso dello Stato, lo spirito di servizio, la cultura e la pulizia intellettuale. Ricordo i dibattiti, a volte aspri come lezioni straordinarie di politica. Progressisti e conservatori, popolari e liberali, ed addirittura esponenti di un’estrema destra nostalgica sapevano usare le parole con tanta misura e precisione da rendere superflua ogni precisazione e tanto meno “scusa”. Come dicevano i latini, che ignoravano l’inconscio freudiano “excusatio non petita” è “accusatio manifesta” , che sarebbe a dire: quando precisi qualcosa senza che ti venga richiesto, vuol dire che stai “facendo il furbo”.

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