Intervistato dalla giornalista Elisa Malacalza sul quotidiano “Libertà”, il docente di Urbanistica Stefano Boeri ha spiegato la sua idea di vita urbana delocalizzata tornando a valorizzare i borghi, in particolare la Val Trebbia.
Se ne era parlato già durante il lockdown quando si è fatto prepotente il desiderio di natura e spazi aperti in contrasto con le anguste mura domestiche, e proprio Boeri aveva anticipato la tendenza a riscoprire la provincia e le colline appena fuori dalle grandi città come poi è stato in questi mesi estivi.
L’idea dell’architetto milanese è quella di ristabilire gli equilibri portando “un po’ di borghi in città e un po’ di città nei borghi” e per iniziare ha già stabilito dei contatti con il Touring Club per procedere con la mappatura completa dei borghi.
“Ci può essere un popolamento diverso, se i borghi recuperano appetibilità e vengono inseriti a pieno titolo nei grandi progetti tecnologici”, afferma Boeri sulle pagine di “Libertà”. E parla anche di progetti pilota in cui, una volta individuate le zone giuste, e la Val Trebbia è proprio una di queste, si può pensare di diluire le giornate in ufficio a favore di una vita urbana (lavorativa e residenziale) delocalizzata.
Il modello da cui trae spunto è francese e ha come condizione necessaria la presenza di grandi centri abitati o di aeroporti entro 60 chilometri per facilitare i viaggi. Gli studenti con cui sta lavorando in università a questi progetti sono entusiasti, segno che la voglia di recuperare i piccoli centri è forte anche tra i più giovani.
“Questi studenti vogliono davvero provare a fare la rivoluzione”, chiude Boeri, e noi speriamo sia proprio così.