Il ritorno delle teorie nazifasciste
Dobbiamo indagarne le cause

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manifestazione antifascista

di Bernardo Carli – E’ un fatto che in questi tempi sta riempiendo le pagine dei giornali: il ritorno prepotente delle teorie nazifasciste sulla ribalta della cronaca. Ci sono giorni nei quali non c’è  network che non dia spazio a servizi e disquisizioni sul ritorno delle esecrabili ideologie che hanno tragicamente segnato il secolo passato.
Tanti improvvisi interrogativi che la società civile si pone incalzata dalla cronaca, ignorano spesso il lavoro che da tempo un bel po’ di stampa continua a svolgere sul tema in questione, facendone oggetto di analisi e ragionamento lontano del clamore delle notizie. Chi è capace di questo, riesce in certo senso a prevedere i fatti prima ancora che accadano.
Lontano da questo lavoro intellettuale, vi sono fatti che colpiscono in modo forte l’opinione pubblica solo nel momento in cui si manifestano, invadendo menti e sentimenti di chi li vive. Vale tuttavia una vecchia storia, della quale siamo convinti: non occorre il supposto potere della divinazione per stabilire con ragionevoli probabilità ciò che è possibile accada. La presunta capacità di vedere nel futuro appartiene ai cialtroni, quella di prevedere gli eventi è strettamente legata alla ragione.  Per carità, non si tratta certo di una disciplina infallibile, ma è dimostrato che possa essere ragionevolmente vincente. Si tratta di un esercizio paziente e faticoso, al quale è abituato chi mette insieme fatti anche lontani per ambiti o tempo, per farne oggetto di studio. Questa pratica, sempre meno in uso nelle pubblicazioni e nei network  frettolosi che raccontano i fatti in sintesi estrema, fa parte di quel buon giornalismo di ricerca che alberga sempre meno nei programmi televisivi, senza parlare della “rete”,  onnipotente fonte di un sapere istantaneo quanto superficiale. La “vita in diretta”, che è anche il titolo di una discutibile trasmissione televisiva, offre l’indubbio vantaggio di una informazione immediata, ma a cosa può essere utile venirne a conoscenza nell’immediato senza avere gli strumenti per comprenderla? Nelle previsioni per antonomasia, quelle meteorologiche, la visione della cartina del nostro paese o addirittura della  regione nella quale abitiamo costellata dalle icone degli eventi meteorici è chiara e semplice, ma, anche per chi ha solo qualche informale nozione di fisica, sono più utili quelle carte più estese nelle quali sono leggibili le tracce delle isobare, la direzione dei venti e il fronte dei mutamenti. E’ ciò che accade nell’atlantico a nel nord Europa che consente di comprendere anche i non addetti ai lavori, dove e quando splenderà il sole o nevicherà.
Il fatto che in una società globalizzata, nella quale l’eternamente ingiusta ripartizione delle risorse ha mutato gli attori, dove le notizie corrono più della ragione e le ideologie forti e storiche hanno perduto di forza, dove i beni di consumo, sempre più allettanti e effimeramente indispensabili isolano fasce di popolazione in difficoltà a contatto di gomito con un capitalismo sempre meno prodigo (e ci fermiamo qui), era prevedibile che emergessero ideologie di sopraffazione, tanto povere di contenuti da doverne assumere da quelle più nefaste del passato. Era altrettanto prevedibile che i propugnatori di tali principi, non fossero i poveri universalmente conosciuti, che seguitano a tacere, ma i giovani di una classe medio bassa che, privi di lavoro, si fanno interpreti del disagio dei loro pari. Sono loro che innescano la miccia di una guerra verso l’alto (i cosiddetti poteri forti) e verso gli ultimi, rei di poter scippare una parte di benessere. Ciò che si desume è che la protesta non ha quartiere e per questo è destinata a coinvolgere molti, anche nel caso in cui si traduca in una guerra tra poveri. Ciò che accade oggi è conseguenza dell’ieri e prodromo del domani. La scarsità di inventiva e contenuti innovativi è prerogativa di una classe poco o male scolarizzata, che non ha avuto l’opportunità di evolvere, che ha una visione distorta e superficiale della storia: una classe giovanile allevata in ambienti nei quali la saggezza popolare si fermava al “si stava meglio quando si stava peggio”. L’assenza figure di riferimento, fa sì che i nuovi contestatori pongano sul proprio altare il ritratto dei più sanguinari dittatori. Nel contempo, in mancanza di una mitologia costruttiva, si accontentano di quella onorata nelle curve degli stadi  con pratiche di deregulation, illegalità e  violenza. Il tifo praticato negli stadi, che ignora il nome di De Cubertin, riassume il mito di un eroismo spicciolo mimando una guerra nella quale tutti possono essere ufficiali o generali ed al tempo stesso truppa. Noi, che pur non siamo storici, né antropologi abbiamo formato le nostre intuizioni sui pochi elementi dei quali siamo in possesso; tuttavia l’insieme questi e tanti altri sono i dati di una equazione il cui risultato è scontato. Il concetto può essere azzardato, ma rende l’idea: così come in questa parte del mondo occidentale neonazisti e neofascisti ignorano i 54 milioni di morti causati da un efferato regime, parimenti in altre realtà culturali, la lettura distorta di un testo sacro alimenta un conflitto senza confini. Ciò che sorprende noi, ma assai meno gli studiosi, è un desiderio di illibertà che pervade, la stragrande parte dell’umanità.
Come si è detto, chi scrive da improvvisato commentatore, non ha quegli strumenti che altri hanno per essere aruspici; ciò che tuttavia intravede è la necessità di comprendere la ragione delle cose prima di quella dei fatti, facendosi guidare con umiltà da chi è in grado di sa fare questa operazione. Si dirà che gli artefici di tale interpretazione sono diversi e spesso contraddittori, anch’essi condizionati dalle personali ideologie. E’ vero, anzi, logico ed inevitabile, ma la libertà che è, e speriamo continui ad essere, il nostro più alto diritto, ci consente di scegliere i nostri maestri,  di interrogarli, ci da il diritto di  non aver il timore di sbagliare o l’onta di cambiare idea. Questa è l’essenza del potere, quello vero e forte: essere  cittadini.

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