Il giornale che non c’è

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Sono passati trent’anni da quando il primo numero di Corriere Padano è uscito dalla tipografia ancora umido di inchiostro. Allora le macchine da stampa non avevano il forno. Era la vigilia delle elezioni politiche che si sarebbero svolte dopo qualche giorno. Il piombo e l’austerity degli anni ’70 stavano ancora sullo sfondo, era iniziato da poco il “decennio della leggerezza”, della sfrontatezza di buttar via tutto e costruire da capo senza prendere nulla in prestito dal passato. Allora si avviarono una serie di fenomeni che oggi viviamo quotidianamente. A rivoluzionare tutto è la tecnologia, pensate ai primi computer IBM, agli Olivetti M19 e M24. Strumenti che posero le basi per una rivoluzione, le redazioni e le tipografie ne furono coinvolte immediatamente. Corriere Padano iniziò allora le pubblicazioni, quando i fatti non succedevano se prima non li pubblicava Libertà. Ci siamo ritagliati il nostro spazio con forza per entrare nelle case, cercando di raccontare una realtà che Piacenza aveva bisogno di conoscere.
A rendere possibile l’avventura furono proprio le nuove tecnologie che accorciarono la filiera della produzione del giornale, opera dell’ingegno e nello stesso tempo “manufatto”, abbassandone sensibilmente i costi. Le stazioni di fotocomposizione sostituirono le Linotype e le reprocamere fecero smantellare i reparti di zincografia. Si ottenne una accelerazione dei processi e una qualità superiore del prodotto giornale. Le testate si moltiplicarono e le foliazioni crebbero vistosamente.
La nostra avventura nacque dopo aver considerato come nel quadro dell’informazione locale ci fosse un vasto spazio da coltivare, quello di una informazione libera, schietta, senza interessi corporativi e senza condizionamenti di gruppi politici economici o altri. “Un giornale per i piacentini, sperando sempre più con il contributo dei piacentini” così concludeva la presentazione del progetto. Interazione che nel tempo si è sviluppata tra lettori e testata: la redazione era aperta  e chiunque poteva parlare con tutti. Le visite in redazione erano numerose. A distanza di tempo si può dire che l’informazione sviluppata dal Corriere Padano fosse, già allora, “partecipata”. A raccontarla in questo modo sembra si sia trattato di una passeggiata, non fu così. Proprio perché l’iniziativa editoriale ebbe presto successo fu contrastata con ogni mezzo. Chi muoveva le fila della città voleva continuare a farlo al riparo della pubblica opinione muovendosi nel back stage fino allora inviolato, certi che il “teatrino” avrebbe messo in scena  un copione fidato. Dunque una “guerra”, che non mi sento di aver vinto nonostante Corriere Padano continui le pubblicazioni mentre altri le abbiano via via abbandonate. Il logoramento è stato considerevole ed il costo lo paghiamo ancora oggi sia in termini di risorse che di ruolo. A fatica i lettori hanno compreso che una copia “gratis” può essere ugualmente di qualità. Oggi distribuiamo settimanalmente 10.000/13.000 copie, quasi la metà di quanto vende Libertà. La fruizione è velocissima ed abbiamo verificato che la tiratura potrebbe aumentare sensibilmente: il crollo del mercato pubblicitario causato dalla grave recessione in cui versa il paese cancella orizzonti migliori.
Oggi ci si chiede quale sarà il futuro dei giornali, le vendite si sono ridotte vistosamente e il processo sembra inarrestabile, la crisi dei consumi ha colpito anche l’editoria. Ma soprattutto internet ha rivoluzionato la fruizione delle notizie  mettendo fuori gioco gli schemi tradizionali. Una ricerca effettuata negli Stati Uniti rivela che  sta crescendo la domanda di accesso all’informazione, alternativa non solo al giornale di carta  ma anche al classico sito internet, attraverso un modo di leggere in evoluzione, sempre più interattivo, condiviso e personalizzato. Sarà la fine dei giornali? Non credo. Le vendite si stabilizzeranno su valori ancora inferiori, le redazioni dimagriranno e i giornalisti si abitueranno a finalizzare il loro lavoro per più canali. Chiamarli ancora giornali sarà improprio perché nei fatti saranno sempre più sistemi multimediali.
Anche Corriere Padano sta osservando con attenzione l’evoluzione in corso cercando di comprenderne l’approdo. Qualunque esso sia, sarà comunque di intermediazione tra le notizie e i lettori. Troveremo un nuovo spazio per riproporci nella modernità? Dal 1983 lo scenario è completamente mutato, quotidiani on line, radio, televisioni diversificano e arricchiscono l’offerta di informazione. Differenziarsi e mantenere tratti inequivocabili di originalità ci si può riuscire immaginando un ruolo di interesse pubblico, soprattutto in questo momento quando a tutti si chiede di partecipare e dare un contributo. Allora la domanda è: un media locale cosa potrebbe fare nell’interesse collettivo? Essere lo specchio fedele della società, alimentare la diffusione di una cultura rispettosa della tradizione sviluppando la modernizzazione, stimolare la crescita di una coscienza civile e del bene comune, difendere la società da un certo conformismo bigotto e dalle ipocrisie, questa è la risposta. Sarebbe il giornale che non c’è.
Giuseppe De Petro

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