Confindustria: “Promuoviamo il nome Piacenza
Copiamo da Parma, i più bravi”

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Cesare Betti e Alberto Rota

Si è svolta pochi giorni fa l’annuale assemblea di Confindustria Piacenza. La notizia positiva, rispetto agli omologhi appuntamenti degli anni scorsi, sta tutta nel segno positivo che precede numerosi comparti produttivi locali. Ma in via IV Novembre, ora, sono concentrati sulle scommesse – da vincere – che il futuro prossimo porta con sé. Nostri interlocutori sono il direttore dell’associazione datoriale Cesare Betti e il presidente Alberto Rota.
Partiamo dall’ospedale. Siete preoccupati per una vicenda che sta scivolando su un piano puramente politico?
“Per noi – risponde Betti – l’ospedale deve essere fatto. E bisogna farlo nel posto giusto: si tratta di una scelta fondamentale perché sbagliare adesso significa pagare le conseguenze per sempre. L’attuale nosocomio ne è un esempio: è nato nel posto sbagliato, doveva essere fatto alla Besurica e non in centro storico. Inoltre, è nato vecchio perché realizzato con vent’anni di ritardo sul progetto: non si può pensare che nel 2030 sia funzionale. E sappiamo tutti che costa di meno rifarlo da capo piuttosto che cercare adeguamenti all’attuale. Per noi – come abbiamo già detto in passato – il posto ideale è la Pertite ma rispettiamo la coerenza del sindaco che in campagna elettorale ha preso un impegno per destinare a parco l’intera area”.
Quindi?
“Quindi non ci incaponiamo sul dove farlo poiché l’importante è che si faccia. E’ un’opera fondamentale, non possiamo permetterci di perdere un’opportunità del genere. E’ la politica che si ora demanda la scelta. L’area dell’Opera Pia Alberoni va bene. Ma costa 5 milioni di euro”.
La vostra annuale assemblea certifica l’attraversamento di una congiuntura economica positiva.
“Sì, – continua il direttore Betti – siamo finalmente in possesso, dopo 10 anni di crisi, di dati assai positivi. Bene come sempre l’export, ma addirittura per la prima volta il mercato domestico lo supera, come testimonia un tasso di crescita più alto rispetto a quello estero. Questo, devo ammettere, grazie al Piano Calenda. E’ quello che abbiamo sottolineato incontrando i parlamentari piacentini: non si getti via quanto cdi buono è stato fatto dal precedente Governo.
Poi c’è l’occupazione, aumentata dello 0,83%, un dato molto positivo che sarebbe ancor più alto se si tenesse conto di alcune centinaia di dipendenti rimasti senza lavoro in seguito a crisi aziendali ma prontamente riassorbiti in altre realtà produttive. A livello provinciale noi abbiamo un tasso di disoccupazione al 6,4 che è inferiore a quello regionale (6,9) e quasi la metà di quello nazionale (11,2)”.
A certificare il buon momento dell’industria piacentina ha contribuito anche l’indagine svolta dal centro studi di ItalyPost, pubblicata nei mesi scorsi dall’inserto Economia del Corriere della Sera. L’indagine inserisce 8 aziende piacentine (di cui 7 aderenti a Confindustria) tra le 500 imprese Champions che si sono distinte per ricavi importanti, margini significativi e pochissimi debiti. Si tratta, tuttavia, di quasi tutte aziende a conduzione familiare: siamo sicuri, presidente Rota, che tale caratteristica rappresenti un vantaggio e non un limite?
“La figura del manager in azienda è importante – risponde il presidente di Confindustria Piacenza – ritengo tuttavia che la passione degli imprenditori sia irrinunciabile. Il manager è la persona che in modo freddo e distaccato sa optare per la soluzione migliore, l’imprenditore è colui che nel caso l’azienda dovesse andare male, se c’è una sola possibilità di salvarla cerca di coglierla e spesso ce la fa. Il manager, invece, l’affossa. L’imprenditore tende a lanciare il cuore al di là dell’ostacolo e secondo me noi abbiamo bisogno di imprenditori. Abbiamo piccole aziende, sì, ma ad esempio rispetto a Parma noi siamo più equilibrati e come si suol dire ‘teniamo tutti botta’. Il futuro delle aziende, per forza di cose deve assorbire personale di livello medio alto. Detto questo le nostre aziende stanno crescendo e il marketing, in un’epoca di globalizzazione come la nostra, rappresenta il futuro per i giovani”.
Confindustria Piacenza è da tempo impegnata, attraverso il cosiddetto marketing territoriale, a promuovere e lanciare la città. Ma che cosa intendete per marketing territoriale?
“Significa – risponde Rota – valorizzare innanzitutto quello che abbiamo. L’agroalimentare, che è la nostra bandiera; il turismo contemporaneo, cui Piacenza deve rivolgersi, che oggi è etnochic: la passeggiata in collina, le trattorie, l’architettura, il vino. A chi mi chiede una trattoria, io offro cento indicazioni e li indirizzo dappertutto, in tutta la provincia”.
“Per marketing territoriale intendiamo – gli fa eco Betti – capacità di attrarre. E qui si pone un problema di numeri e dimensioni: non ci si può illudere che Piacenza con centomila abitanti possa essere competitiva. Ne servono almeno altri trentamila. A Parma – e noi dobbiamo copiare i più bravi! – hanno investito moltissimo sul nome stesso, sul marchio ‘Parma’, e per questo devono ringraziare Tanzi (Parmalat, ndr). Bene, noi dobbiamo fare altrettanto. Ci si chiede che cosa deve fare Piacenza per divenire attrattiva? Innanzitutto portare aziende ad investire sul territorio. E già grazie alla posizione geografica, con la logistica siamo avvantaggiati, poiché le aziende di logistica arrivano da sole. Noi abbiamo fatto un sito, Invest in Piacenza, per attrarre aziende e stiamo spingendo per avere collegamenti veloci con Milano. A questo punto, se il nome di Piacenza diventa famoso e comincia ad attrarre, quelli che vivono nell’hinterland milanese perché non dovrebbero venire ad abitare qui, dove si vive meglio?”
In passato però tutti i progetti di marketing territoriale sono falliti (come, ad esempio, la Natural Valley). E anche i tentativi di realizzare infrastrutture, come l’interporto o il collegamento con la ferrovia; Piacenza Fiere è in disarmo. Evidentemente non siamo capaci. Perché?
“La differenza è che adesso ci crediamo e lavoreremo insieme a tutto il territorio. E’ già avviato un tavolo strategico con il sindaco. Con l’Università Cattolica è allo studio un progetto per promuovere il nome di Piacenza, così come in passato ha fatto Parma. Là hanno realizzato “Parma si può”, ma hanno cinque aziende che superano il mezzo miliardo di fatturato, Reggio ne ha ventotto, noi neanche una. Non sarà facile ma ci crediamo. Poi, coinvolgendo Comune e Provincia, passeremo alla fase della comunicazione. Per il momento siamo ancora siamo ancora nella fase embrionale”.
“L’idea – riprende Rota, il presidente – è quella di mantenere vivo lo spirito impostato dal sindaco: restare nel piano strategico, sviluppare quello che il sindaco ha suggerito, cioè una Ats, una società di scopo dedicata a questo e alla quale parteciperanno tutte le categorie piacentine, per attrarre finanziamenti e aumentare le possibilità di sviluppo di questo progetto. Sostanzialmente si tratta di un’integrazione con quello che abbiamo fatto con il nostro sito Invest in Piacenza, dando gambe, poi, a una vera e propria strategia di comunicazione: deve passare il messaggio che Piacenza è una città in cui vivere è bello, in modo tale da attrarre popolazione, implementando il fatturato della città”.
Cosa è rimasto dell’avventura piacentina a Expo 2015?
“Tutto è nato da Expo. Dalla piazzetta che avevamo a 100 metri da Palazzo Italia: l’interesse per i nostri castelli, ad esempio. Ora di turisti ne arrivano tanti”.

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