Cittàcomune e dibattito
Ritorno alla politica

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Pier Paolo Pasolini
Pier Paolo Pasolini

“Sì – ammette Gianni D’Amo – facciamo fatica a tradurre il nostro progetto culturale (politicamente implicito) in un progetto politico esplicito”. Gianni D’Amo è l’intellettuale che insieme a Piergiorgio Bellocchio (tra i padri nobili della nuova sinistra italiana negli anni in cui era lecito sperare in cambiamenti apprezzabili) ha fondato Cittàcomune, l’associazione politico-culturale che da circa dieci anni muove l’acqua stagnante della nostra città: dibattito, proposta, domande sul senso di ciò che si fa e sulla direzione che si vuole prendere. Con queste premesse critiche, dell’esistente innanzitutto, è già un miracolo che Cittàcomune, in un paese che misura ormai la longevità dei partiti in mesi, sia ancora la realtà che effettivamente è. “In una fase in cui dal punto di vista politico si muove tutto a gran velocità, è difficile trovare posto anche nel nostro alveo naturale, che sarebbe quello di un centrosinistra critico, dove, peraltro, si sono materializzati molti dei nostri timori di dieci-quindici anni fa, per esempio le personalizzazioni”.
Il punto, però, è questo: l’annuale assemblea dell’associazione, nella bella e sobria sede di via Borghetto, ha riscosso una attenzione inattesa, quasi che una parte di città aspettasse con trepidazione non diciamo un porto d’approdo, ma almeno un appiglio.
“Mi ha colpito positivamente il fatto – prosegue D’Amo – che all’assemblea abbiano partecipato in tanti, assai più numerosi di quanti ne aspettassimo. Inoltre, dopo la relazione del coordinatore uscente Marco Tanzi, ci sono stati numerosi interventi, tutti quanti reclamanti un sicuro riferimento a Cittàcomune nonostante provenienze culturali e politiche eterogenee. Noi le registriamo con piacere”.
Gli osservatori si sono stupiti per un dibattito che ha visto l’attiva partecipazione di ex amministratori. Come si spiega? “Evidentemente – riprende D’Amo – lo spazio per dibattere si è ristretto, ma diciamo pure che si è prosciugato. E con altrettanta evidenza si vede in Cittàcomune un luogo politico credibile in cui poter fare proposte”.
Un gruzzolo di credibilità costruito dall’associazione di via Borghetto su temi nevralgici che il cittadino-elettore vede ormai trattati in tivù e nei giornali come derby sportivi, nei quali schierarsi per tifare, e quasi mai entrando nel merito storico e sociale del provvedimento. “Sul Jobs Act – spiega il co-fondatore dell’associazione – credo che a Piacenza se ne sia discusso analiticamente soltanto qui. E infatti si è trattato di un dibattito partecipato, sentito”.
Nel caso di Cittàcomune, insomma, sembra inverarsi la convinzione antica che la cultura debba costituire il retroterra di qualsiasi politica: una buona scuola che negli anni ha riportato criticamente e analiticamente all’attenzione dell’opinione pubblica Gramsci, Simone Weil, Orwell, Fenoglio, Matteotti.
E’ stato Bellocchio, infine, riconfermato presidente, a presentare l’attività culturale 2015, incentrata sulla figura di Pier Paolo Pasolini saggista (il suo bel viso ossuto compare sulle nuove tessere di Cittàcomune) e sulla prima guerra mondiale.

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