Che amarezza chi giudica i giovani senza conoscerli

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Il centro di aggregazione Belleville

di Bernardo Carli – Se mi chiedessero cosa penso dei giovani di oggi, che idea mi sono fatto dal lontano 1973 ad oggi, nei 12 anni di insegnamento, nei 24 di direzione  ed infine in questi ultimi nei quali le frequentazioni si sono fatte più libere, direi subito che “mala tempora currunt”.
La scuola continua ad arrancare dietro al “nuovo che avanza”, passando dal moralismo educativo di vecchio stampo all’efficientismo post industriale. La famiglia si è sgretolata di fronte ai consumi, con genitori spesso assenti fisicamente e talvolta pure intellettualmente, dediti a “giocare” con le novità del mercato, salvo poi essere travolti, umiliati e castigati dal “sistema lavoro”, dai furbi free tax, dai ladri, dai modelli di uomini che “non devono chiedere mai”, ingolositi dalla pubblicità e frustrati dal portafogli troppo vuoto.
Cosa lasceremo a loro, se non un mondo guastato, una natura violata, una cultura della convenienza priva di freni morali, una politica di compromessi, nella quale trovano spazio anche incompetenti privi di scrupoli. Cosa gli lasceremo se non la precarietà del lavoro, la frustrazione del “posto” riservato ai raccomandati. Cosa se non il vizio di spendere, di dover vivere in un cartone animato dove tutto è bello,  dove i buoni sono molti e vincono sempre sui cattivi e gli “sfigati”.
Molte sono le insidie che si nascondono dentro il vivere comune ; gli stupefacenti che fanno “volare” come la pratica della vile violenza sul web non sono altro che il risultato di un vuoto che ammala l’anima. Quel vuoto è il peggio per individui che trascorrono un periodo nel quale la natura impone di acquisire identità ed esperienza. Il nulla è intollerabile e l’istanza di riempirlo è connessa con la natura umana.
Per carità, ci sono anche bravi giovani, e sono la maggior parte, curati da genitori amorevoli e illuminati, ma questi, i buoni, sono destinati purtroppo a vivere sui disatri che la generazione di chi scrive ha lasciato loro in eredità. Assenza di lavoro, ambiente degradato e tutto quello che abbiamo già citato non fanno distinzione tra buoni o cattivi.
Cosa si può fare, oltre a non aggravare ulteriormente la situazione? A mio avviso prima di tutto dobbiamo rispetto per quel tempo della vita che non è mai stato più felice dell’età adulta (questo lo pensano solo i nostalgici imbecilli che non accettano di invecchiare). A noi adulti o anziani il compito di promuovere un dialogo privo di imposizioni, senza indulgere in supponenti risposte a domande che non ci sono state fatte, ma mantenendo un atteggiamento di ascolto rispettoso dei ruoli. Per noi niente vuoti “giovanilismi”, che ci rendono poco credibili se non ridicoli. E’ importante che i giovani non si sentano soli e si rispetti pure la loro pretesa di essere liberi, perché istintuale e  parte fondamentale della crescita. A noi il compito di operare con discrezione dando ai giovani le opportunità per esprimersi in modo libero e creativo, senza farsi del male: offrire ad essi luoghi “puliti” dove potersi cimentare pure con la noia e con il dolore. Rammento quello che scriveva un buon educatore “l’esperienza del dolore d’ogni genere è essenziale per conferire equilibrio: oggi di fronte al più piccolo malessere siamo troppo prodighi di analgesici”.
Per esperienza diretta di chi scrive, grazie al lavoro di educatori preparati, tutto questo si è realizzato nei centri di aggregazione giovanile cittadini (Spazio quattro e due e pure nel Belleville)
La notizia del paese delle meraviglie: si chiudono gli spazi di aggregazione giovanile, si prospettano gestioni alternative fatte da chi, anche se dotato di buona volontà non ha maturato né studi, né esperienza sul campo in uno dei settori più delicati delle scienze umane. Si pensa come soluzione allo sport che, di per se è cosa buona, purché non spinto dagli interessi delle società che alla fine praticano l’agonismo. Tuttavia lo sport, che tempra “mens sana in corpore sano”  non basta, può creare discriminazione, rendere più fragile chi oggettivamente non ne ha talento. Sparta promosse guerre, Atene scienza, filosofia e arte.
Concludo con una amara considerazione e un po’ di stizza nei confronti di un anziano amministratore, ignorante quanto arrogante che spara giudizi sulla classe giovanile senza conoscerla, senza averne apprezzato forza e debolezze, senza aver coscienza delle insidie alle quali va incontro. Lo fa per gesto di insulsa prevaricazione, solo perché “comandiamo noi”, ignorando che il comando, fino dai tempi della polis greca, era sinonimo di servizio verso gli altri, di umiltà. Quale è il valore dei capelli bianchi, se non la capacità di esercitare la prudenza e la saggezza?
Sorge il dubbio che il politico in oggetto abbia trascurato a tempo debito gli studi e quanto alla scuola, che è un ottimo osservatorio per conoscere i giovani, non ne abbia più varcato le porte da quando gli dettero un diploma (ma quale?)

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