Paolo Rizzi: “Lavoro, sociale, sicurezza:
daremo un colpo di acceleratore”

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E’ l’unico candidato, nel numero dei sette schierati al nastro di partenza, ad avere la ragionevole certezza di approdare al ballottaggio. Qualcuno si spinge a definirlo sindaco in pectore, ma è un’esagerazione poiché troppe sono le variabili in campo. Paolo Rizzi è docente di Economia politica alla Cattolica e direttore del Laboratorio di economia locale; ha l’età giusta (55 anni, politicamente nuovo: “mai stato iscritto a nessun partito”), ed è il candidato del Pd. Sostenuto da tre liste, una composta esclusivamente da giovani under 35 (numerosi i suoi ex studenti), gode fama universale di preparazione e competenza. Soprattutto è accompagnato da un viatico che induce i suoi all’ottimismo: ha dalla sua l’establishment che conta, l’università, una buona fetta di mondo cattolico e ciò che resta di ancora organizzato nella ex sinistra pidiessina-diessina. Rizzi ha il lessico preciso del docente universitario, nonché la padronanza di cifre, dati, numeri. E tuttavia, a fronte di una generosa lista della spesa elettorale, anche per lui – ipotetico nuovo sindaco – i famosi nodi del proverbio si presenteranno al pettine.
Prof. Rizzi, qualora eletto sindaco, dove pensa di trovare i soldi per attuare il programma? Nel bilancio comunale non si vedono grandi margini di investimento.
“L’Amministrazione Dosi ci lascia un’eredità cospicua, innervata di grandi progetti già finanziati. Per esempio il bando periferie, con 11 milioni destinati all’ex Berzolla e al rinnovamento di Piazza Cittadella. Inoltre, per la chiesa del Carmine i finanziamenti ci sono, per il nuovo ospedale possiamo contare sui 250 milioni messi a disposizione dalla Regione. Per i progetti di più contenute dimensioni, in particolare quelli relativi al recupero alla città di alcune importanti aree militari, pensiamo all’affidamento in project financing. Siamo invece ancora in fase di attesa per ciò che concerne i progetti a lunga scadenza, come quello relativo alla Baia di San Sisto. Mio profondo convincimento, inoltre, è che sia necessario attivarsi per partecipare da protagonisti ai bandi di progetto europei, come nel caso del progetto Maps (Military Assets as Public Spaces, ndr), di cui Piacenza oggi è capofila.  Il Maps ci inserisce in una rete di città partner. Proprio così, poiché  oggi è indisoensabile agire, muoversi, collaborare su scala continentale. Diversamente, si resta al palo”.
Il Sociale è considerato un fiore all’occhiello della nostra città. In che modo proseguirete sulla strada tracciata?
“Il welfare è al centro della strategia amministrativa degli ultimi vent’anni. Non è quindi un caso il quarto posto di Piacenza nella classifica nazionale della spesa destinata al sociale. Orbene, mantenere questi livelli sarà fondamentale per la nostra città. Il modello piacentino, che poi è il modello emiliano, è vincente: si tratta di un mix virtuoso di pubblico intervento e privata iniziativa. E il bando Inail, grazie al progetto avviato dall’amministrazione Dosi, ci permetterà di avere una nuova casa di riposo per anziani da cento posti dietro il Vittorio Emanuele”.
Tema lavoro, naturalmente scottante. Che cosa può fare un sindaco?
“Non è facile, ma intervistando altri sindaci amici mi ha colpito l’affermazione che la gioia più grande consiste nella creazione anche di un solo nuovo posto di lavoro. Naturalmente puntiamo a crearne molti di più attraverso la promozione di nuova impresa, impegnandoci nel sostegno alle imprese esistenti, attraverso l’attrazione sul territorio di capitali e realtà imprenditoriali di livello. Sottolineo il fatto che creare nuove attività è impresa faticosa, come ben sa l’assessore uscente Timpano, attivissimo nella promozione di start up nel corso del suo proficuo mandato assessorile. Faticoso, dicevo, ma esaltante, poiché viviamo una fase di rinnovato entusiasmo e fresca intraprendenza. Come si fa ad attrarre nuove realtà? Già in passato Piacenza è stata capace di attrarre investimenti. Si badi, investimenti che in qualche occasione ci hanno salvato, come nel caso di aziende rilevate da capitali, anche esteri (es. l’ex Jobs). Certo, oggi servirebbero insediamenti produttivi. Dico quindi No al consumo di suolo per quanto riguarda residenza e commercio (di questo siamo saturi), viceversa dico Sì a investimenti produttivi, meglio se ad elevato contenuto di tecnologia”.
La logistica, sulla quale si è scommesso due decenni orsono, sembra non avere padri, almeno non più. Oggi sembra essere terra di nessuno.
“Sì, la logistica non è priva di responsabilità per quanto riguarda sofferenze e ferite inferte al nostro territorio; ma non dimentichiamo gli oltre 4000 posti di lavoro che ha creato, posti di lavoro non riconducibili soltanto a facchinaggio e manodopera a bassa o nulla qualificazione.  Il comparto logistico piacentino contempla un buon 30% di dirigenti, quadri e tecnici informatici. Naturalmente lo sviluppo, in questo come in ogni altro settore, va governato: noi applicheremo correttivi all’esistente, puntando sull’intermodalità e su efficaci collegamenti con la ferrovia; per ogni nuovo insediamento prevediamo la definizione e l’applicazione di un nuovo approccio negoziale con l’azienda che intende insediarsi. L’obiettivo sarà quello di portare a Piacenza il centro direzionale, ottenendo contestualmente adeguate compensazioni: penso all’autonomia energetica, al tema delle infrastrutture viarie.  Abbiamo un esempio virtuoso, l’Ikea, molto attenta alla sostenibilità ambientale e in grado di occupare molti nostri laureati”.
E’ utopistica l’idea di spostare la bretella autostradale, per riguadagnare l’accesso al fiume e liberare la parte nord della città da inquinamento atmosferico e acustico?
“Questa straordinaria miglioria rientra nel nostro programma ma, come si può immaginare, si tratta, per forza di cose, di un obiettivo a lunga scadenza (diciamo nell’ordine dei 20-25 anni). Ritengo tuttavia che per Piacenza questo sia un obiettivo doveroso: indispensabile iniziare a lavorarci secondo quanto previsto dagli strumenti urbanistici a nostra disposizione”
Nuovo ospedale. Sembra che gli altri candidati – dopo una raffica di no – comincino a cambiare idea sulla (presunta) necessità di una nuova struttura.
“Stavolta sono costretto a sottolienare l’assoluta incoerenza dei miei colleghi che in occasione dell’incontro con i commercianti di via Taverna (a cui io non sono stato invitato in quanto unico favorevole al progetto) si sono dichiarati compattamente contrari. Ora i No stanno diventando Ni (come nel caso di Rabuffi) o Sì a determinate condizioni. Unico coerente, devo ammetterlo, è Andrea Pugni che continua a dichiararsi fermamente contrario. Detto questo, è sufficiente porsi in ascolto di medici e operatori sanitari per comprendere come la scelta del nuovo ospedale sia una scelta inderogabile. E certamente non soltanto per evitare che i 250 milioni destinati a Piacenza prendano la strada di Parma”.
Quindi?
“L’attuale ospedale, chiuso, strutturato a padiglioni con dei costi di trasporto interno ed energetici altissimi, ha una localizzazione assurda e flussi pazzeschi. Per non parlare di problemi come quello della lungodegenza. Un ospedale al passo con i tempi, grande, all’avanguardia, sarebbe in grado di attrarre professionalità di livello che si aggiungerebbero a quelle già presenti a Piacenza. E sarebbe un vantaggio per tutta la comunità”.
La sicurezza è ai primi posti nel programma di tutti quanti i candidati sindaco. Lei che ne dice?
“Piacenza non è più insicura di prima (dobbiamo tener presente che i tassi di delinquenza sono alti – più al nord che al sud ad esempio – perchè più alti sono i tassi di denuncia) però sicuramente vi è il problema della percezione dell’insicurezza. Al riguardo noi proponiamo di potenziare il sistema di videosorveglianza, raddoppiando le telecamere, una rete che consentirebbe di monitorare l’intero territorio del Comune di Piacenza e delle sue frazioni, anche attraverso il coordinamento tra reti pubbliche e private. E non vogliamo certo la presenza dell’esercito nelle strade, bensì più interventi della polizia municipale. Questo sì”.
Infine, quali sono – se ci sono – i tratti di discontinuità con l’amministrazione uscente?
“Non si può non cambiare, ricercando ovviamente la strada dell’innovazione. Le politiche ambientali cosiccome quelle sulla mobilità sono da rivedere, così non vanno. Ma non mi sottraggo alla domanda, e lo faccio riportando un solo esempio: segneremo una forte discontinuità con i nostri predecessori impedendo che Piazza Cavalli, di sera, diventi un caotico parcheggio. L’auspicabile vivacità del centro storico, importantissima e da implementare, non è questa. Almeno, non lo è per noi”.

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