Vitalità culturale, ambiente, riuso e coesione sociale
La mostra “Territoria”, occasione da non perdere

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L’ex stazione dei tram

di Bernardo Carli – Ci sono occasioni culturali di grande potenzialità che una città come la nostra, che aspira a diventare niente meno che capitale della cultura, non può perdere. Si tratta di quel genere di cose che Piacenza, pur ricca di storia e di giacimenti cultuali e artistici, ha sempre trascurato. Non ce ne vogliano i fautori del “qui è più bello che altrove”, che a volte trascendono fino a rammentare il detto napoletano (“ogni scarafone …”). Essere in lizza con gli altri comporta realismo e la consapevolezza delle proprie qualità e dei punti di debolezza, o come si dice di “criticità”. Bene, anzi male: la nostra aspirante al titolo ha fatto assai poco per produrre nuovi beni culturali: poco il sostegno agli artisti, poche le mostre, zero attenzione all’avanguardia, scarse opportunità per i giovani di esprimere in libertà gli eventuali talenti (l’Amministrazione addirittura taglia con convinzione le risorse alla migliore manifestazione sulla cultura femminile, ma anche al progetto collaudato di aggregazione giovanile, tacciandoli come covi di sedizione e “pollai”). Insomma, lo ripeteremo fino alla noia: la cultura non è soltanto l’insieme dei beni storici, se pur come dice una lettrice di Libertà di “incommensurabile valore” (?): quella è la cultura del tempo nel quale questi furono prodotti ;  sono parte della nostra se vengono assimilati da noi, ma a questa è indispensabile che si aggiungano le espressioni migliori di un presente culturale che deve essere stimolato, aiutato, presidiato. Altrimenti facciamo come certi nobili decaduti che non altro da vantare se non il blasone e il palazzo in rovina. Il presente culturale purtroppo è segnato da poche cose e qualche volta scadenti, tra queste la pessima gestione dell’ambiente, l’urbanizzazione di scadente qualità dominata dalla speculazione, la scarsa coesione sociale, un uso mortificante dei luoghi storici, la predominanza dei consumi, primo tra tutti il cibo che è sì pure bene culturale, ma fortemente marginale se decontestualizzato.
Il bando per la capitale della cultura chiarisce bene i punti sui quali si gioca la partita:  la vitalità culturale, l’ambiente, la socialità sono determinanti quanto e forse più dei giacimenti storici.
Ciò premesso, ho parlato all’inizio di qualcosa di nuovo, piccolo ma significativo come germe in grado di generare frutti preziosi. In una laterale di Via del Guazzo, tra questa e Via Sant’Ambrogio, si apre alle opere di quattro artisti uno spazio “archeologico” industriale. Non è una novità in assoluto, ma lo è per la nostra città dove la logica del riuso, che comprende pure gli edifici residenziali, è quanto mai disattesa. Si preferisce demolire, piuttosto che recuperare ripensando le destinazioni d’uso. Questa volta si tratta di un’esperienza che ha la singolare caratteristica d’essere promossa da una privata galleria d’arte, che scopre un nuovo spazio e ne regala l’immagine alla città. Il privato è Sandra Bozzarelli Vegezzi della galleria “il lepre” di Via Felice Frasi, il  luogo un grande e suggestivo capannone, fino al ‘54 deposito dei tram, gli espositori quattro artisti con opere che sembrano fatte apposta per quel luogo. L’iniziativa è lo sforzo di una gallerista che, in tempi di vacche magre per il mercato dell’arte, si prende un rischio per offrire alla città una manifestazione di indubbia qualità, sostenendone gli oneri. La mostra e lo spazio, resteranno aperti ancora per un weekend e vale la pena di andare a dare un’occhiata al rapporto che si crea tra le opere dei quattro bravi artisti e il luogo che è rimasto tale e quale a quando era sede della sua antica attività di deposito. Lo spazio vuoto, con le pareti spoglie che recano ancora le tracce di una lontana memoria, viene vitalizzato dalla presenza forte delle opere. Insomma, una meraviglia, con un allestimento nel quale Marco Vegezzi, “quinto artista”, usa con sapienza materiali poveri e si lancia nel proporre con la consueta modestia, una installazione: parabrezza di auto calpestabili, rappresentazione del grande fiume nel quartiere che ne subiva le esondazioni: una sorta di tappeto lucido e frammentato che, mentre lo si percorre nella sua lunghezza, si anima di vita crepitando.
Il titolo scelto per la manifestazione è quanto mai suggestivo: “Territoria”, che rimanda all’idea di ambiente. Il tema ha dato spunto agli studenti del Liceo Colombini di proporre sabato scorso un reading di classici, poesie brani letterari attorno al tema della natura. Hanno visitato la mostra anche gli alunni di una scuola elementare che, fortemente colpiti, sono tornati il giorno dopo con i genitori. Nella giornata di domenica all’interno e all’esterno dell’ex deposito numerosi giovani si sono trovati per far musica. Insomma, la conferma di quanto si diceva su ciò che è cultura e coesione sociale, ma anche la necessità di offrire ai giovani, spazi di aggregazione con solidi contenuti e occasioni per quella creatività di cui la città ha molto bisogno per essere prima di tutto fucina di innovazione e poi, poi, poi, magari anche capitale della cultura.
Chi scrive vuole suscitare la curiosità dei lettori perché vadano a vedere e godere di quel rapporto tra la realtà creata dalle opere e il luogo contrassegnato dalla presenza del lavoro. Le opere in mostra, che abbracciano diversi linguaggi, sono di Roberto Boiardi, pittore piacentino attratto da paesaggi urbani segnati dalla marginalità , Brunivio Buttarelli, scultore cremonese che lavora sulle grandi dimensioni, Gianni Lucchesi, scultore e pittore pisano, Marco Rigamonti, fotografo piacentino.
Un’occasione da non perdere per visitatori e … anche per il governo della città.

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