Nuova logistica, Rizzi: “Scelta politica.
Piacenza decida cosa vuole fare”

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Paolo Rizzi
Paolo Rizzi

di Elena Caminati – Si parla di 900 mila metri quadrati di superficie per una stima di 200 milioni di euro di investimento: sono i numeri che il nuovo insediamento produttivo multinazionale, potrebbe portare a Piacenza. Nessuna ufficialità, solo una pratica presentata agli uffici dell’amministrazione comunale. Ma la curiosità c’è ed è tanta. Le indiscrezioni parlano del colosso multinazionale dello shopping on line Alibaba o di Amazon, ma non vi è alcuna ufficialità.
Sta di fatto che il polo logistico piacentino è nel mirino delle multinazionali. Merito soprattutto della posizione. La logistica piacentina è esplosa una ventina di anni fa con la scelta di supportare l’intermodalità. Quello che occorre capire però è se Piacenza oggi è pronta ad accogliere questo nuovo insedimento; numerose sono le variabili in ballo: ambientali e sociali.
“Un altro ampliamento enfatizzerebbe ancora di più sia i costi che i benefici – spiega Paolo Rizzi, direttore del Laboratorio di Economia Locale dell’Università Cattolica – la domanda è: cosa vuole fare Piacenza? E’ una scelta eminentemente politica. La città vuole ancora una logistica che porterà lavoro ma anche ulteriore sofferenza per il territorio. Probabilmente già le dimensioni sono più che importanti – sottolinea il professor Rizzi – in ogni caso vanno fatte valutazioni serie e controlli sul mantenimento dei diritti dei lavoratori”.
Se logistica deve essere, il buon senso detterebbe che fosse logistica di qualità: certo tra Piacenza e Castel San Giovanni i lavoratori impiegati in questo settore sono quasi 4 mila, posti di lavoro che prima non esistevano. Per lo più però si tratta di facchinaggio e magazzino. “Preferiremmo che ci fossero imprese ad alta tecnologia – evidenzia Rizzi – però abbiamo attratto questo che non è lavoro di serie B o C, ma ha una quota di magazzinieri ma anche impiegati, quadri e informatici. La nostra logistica non è ad altissimo valore aggiunto, ma nessuna logistica lo è. Però la presenza di questi leader ci dice che siamo a livelli molto avanzati”.
La qualità del lavoro si ottiene attraverso controlli seri, puntuali, effettivi, attraverso una necessaria legalità negli appalti. “L’esempio è Ikea – spiega – che dopo i casi avvenuti qualche anno fa, ha posto paletti seri. Un solo sub appalto ad una cooperativa, garanzie e applicazione dei contratti nazionali. Ikea ci tiene anche per motivi di marketing. Certo non è così ovunque. Da anni proponiamo tavoli di lavoro, contratti, accordi; questa è una debolezza della nostra città, ci vuole, serietà anche sui criteri del consumo di suolo, di energia, quanti dipendenti impiegati e a quale livello. Bisogna continuare negli tempo a monitorare con serietà”.

Il servizio completo all’indirizzo
http://www.zerocinque23.com/attualita/esiste-logistica-buon-senso-ne-parla-tondo/

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