E il Pd, primo partito, rischia
di perdere la guida della città

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Palazzo Mercanti

Ha indubbiamente il carattere della sorpresa il secondo posto – con un distacco non indifferente di quasi sei punti – di Paolo Rizzi nei confronti di Patrizia Barbieri, ovvero del centrosinistra nei confronti del centrodestra.
Gli analisti si sono già cimentati nella disamina delle cause (ricordiamo che Rizzi partiva con i favori del pronostico), disamina generalmente convincente nell’articolazione delle motivazioni: dall’astensionismo prevalente nell’area di centrosinistra (Istituto Cattaneo), all’inefficace segnale di discontinuità con una giunta uscente non in grado di rinnovare entusiasmi e aspettative. Comunque sia (in ogni caso non si può non parlare di concause) il nodo con il quale il centrosinistra, ma soprattutto il Partito democratico, continua a non fare i conti riguarda la sua propria collocazione.
La mutazione genetica avviata da Renzi, in grado di suscitare entusiasmi elettoralistici senza precedenti, basti pensare alle europee del  40 e passa per cento, non solo non è giunta a conclusione (Pd uguale partito di centro senza infingimenti), ma si mantiene nell’area grigia del non essere più di sinistra, pur continuando ad affermarsi tale, perseguendo politiche centriste nel migliore dei casi. Con elettori suoi, di area, che faticano sempre più a conciliare provvedimenti marcatamente  neoliberisti  (Jobs Act su tutti) con l’adesione a una irriconoscibile casa madre. Ed elettori di centrodestra che, passato l’entusiasmo per l’esuberante homo novus fiorentino, preferiscono riportare a casa il loro voto.
Si tratta di una frattura così profonda , che scissionisti ex Pd e sinistra per altro solo parzialmente riunita (Rabuffi), non riescono minimamente a ricomporre.
A farne le spese, nel caso piacentino, è il prof. Rizzi (arduo il recupero al ballottaggio), forse il candidato migliore che Pd e alleati potessero designare a loro portabandiera. Preparato, espressione del miglior civismo cui la politica negli ultimi decenni ha attinto con profitto (si pensi a Giacomo Vaciago), Rizzi ha la sfortuna di arrivare nel momento di maggiore difficoltà identitaria per uno schieramento /partito  (Ds+Margherita, poi Pd) che in fin dei conti esprime sindaci e maggioranze da tre lustri. Identificandosi quindi con un potere  che giocoforza, a un certo punto, mostra drammaticamente la corda.

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