Volontariato, Svep: vent’anni di storia
e i timori per il futuro incerto

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Laura Bocciarelli, presidente provinciale Avis
Laura Bocciarelli, presidente Svep

Quest’anno la Giornata Internazionale del Volontariato ha coinciso con una ricorrenza importante: il ventesimo compleanno di Svep Piacenza, celebrato al Salone degli Arazzi del Collegio Alberoni con la partecipazione del professor Andrea Volterrani e la presentazione del video sull’attività dell’associazione “Vent’anni di Svep: volti e voci”. Lo Svep (il Centro Servizi del volontariato piacentino), nato nel 1996 con 8 organizzazioni di volontariato (Odv) socie, ad oggi ha una governance partecipata a livello provinciale composta da 73 Odv di cui 4 di “secondo livello” (che rappresentano ulteriori 81 Odv) ed è diventato punto di riferimento per il volontariato piacentino. Una galassia, quella del volontariato, che a Piacenza si compone di 347 associazioni e raggruppa 24mila volontari. La ricorrenza dei giorni scorsi è stata dunque occasione per ripercorrere i momenti più significativi della sua storia ma anche per fare il punto sugli scenari futuri conseguenti alla riforma del terzo settore. E sul futuro si addensa qualche ombra. “In questi primi vent’anni – ha spiegato la presidente di Svep Laura Bocciarelli – la storia dei Centri di Servizio per il Volontariato (che offrono sostegno e consulenza alle organizzazioni di volontariato, ndr) ha visto molti cambiamenti significativi fino all’ultimo previsto dalla Legge Delega  n. 106 per la ‘Riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale’ del giugno di quest’anno che prevede l’estensione dei servizi dei Csv a tutto il volontariato attivo del Terzo Settore.  A fronte di un ampliamento delle funzioni e dei beneficiari delle attività dei Csv – prosegue Bocciarelli –  è fondamentale ottenere un finanziamento stabile, attraverso una programmazione triennale; nei giorni scorsi il Governo ha scelto di farsi carico del funzionamento dei Csv per il volontariato italiano. Un’altra questione aperta a livello nazionale è quella della territorialità: si parla di ‘gestione democratica partecipata e radicata territorialmente’ ma si sta delineando di ‘accreditare’ un Csv ogni milione di abitanti, allontanando pertanto le scelte, le decisioni”. Il timore, in seno all’associazione, riguarda la sopravvivenza stessa dello Svep con l’ipotesi declassamento a semplice sportello e, anche, la scelta tra il valore sociale della comunità e l’efficienza dell’impresa sociale. Il momento è delicato: “Ci auguriamo di di mantenere invariata la governance dei Centri di servizio e di preservare la nostra territorialità. In Emilia Romagna – aggiunge la presidente di Svep – abbiamo una realtà consolidata organizzata su 9 Centri di servizio (uno per ogni provincia). Il nostro radicamento sul territorio è fondamentale e auspichiamo di proseguire con questo modello organizzativo ma non è detto che si riesca a mantenere questa struttura. C’è un dibattito in corso. Staremo a vedere”.
Altro nodo da sciogliere – come ha spiegato Andrea Volterrani, docente di sociologia all’università Tor Vergata di Roma – è il recupero del senso di comunità: “Se il volontariato recupera il valore sociale e il senso che ha nelle comunità è un fatto importantissimo – dice il professor Volterrani – se invece diventa solo un soggetto che gestisce servizi, questo valore sociale avrebbe difficoltà ad esprimersi e rischia di diventare qualche cosa di diverso. Siamo ad un bivio. Se si vuole ritornare a fare volontariato – sottolinea Volterrani – ci si deve preoccupare di alcune cose che appaiono marginali: favorire la partecipazione dei volontari e dei cittadini, promuovere la democrazia, incrementare la coesione sociale di un territorio, indipendentemente dai servizi che si svolgono”.
Resta, comunque, inalterato il cuore della missione di Svep che è di curare e servire sempre al meglio quell’idea di solidarietà attiva che soggiace all’impegno volontario – sia esso svolto all’interno di un’associazione o a titolo individuale – di promuoverne la cultura e sostenerne l’attività attraverso i servizi di consulenza, progettazione, formazione, comunicazione e promozione.

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