“Realista e lungimirante,
così voglio il nuovo sindaco”

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di Bernardo Carli  – So bene che quanto vado a dire non mi porterà amici,  ma il realismo è probabilmente il primo ingrediente per restituire “dignità” ad una realtà che oggi fa sì che Piacenza, città in bilico tra due regioni (molti ancora non la riconoscono come parte dell’Emilia), conti sempre meno nello scenario nazionale. Non è cosa nuova se Sergio Saviane, nel suo ormai storico “Viaggio in Italia” dedicò a Piacenza solo qualche riga, presentandola come porta dell’industrializzazione che seguiva le scoperte degli idrocarburi nella vicina Cortemaggiore. Qualche anno fa, uno dei settimanali più letto in Italia, l’Espresso, pubblicava un consistente inserto sulle province dell’Emilia Romagna, lodando la regione che meglio esprimeva l’imprenditorialità italiana, coniugandola ai beni storici e all’ambiente. Allora non una parola su Piacenza e nemmeno due settimane fa quando “Repubblica” raccontava delle elezioni amministrative nelle principali città italiane.
Facile sarebbe imputare ogni colpa agli amministratori che hanno governato, se non fosse che questi sono espressione di un elettorato convinto che, fatta eccezione per quest’ultima consultazione, si è dimostrato abbastanza sollecito alle urne. Quindi, chi si accinge ad amministrare dovrà armarsi di diverse virtù: il realismo, la volontà e soprattutto la lungimiranza, senza fermarsi in facili compiacimenti campanilistici. In questi anni si sono perdute diverse occasioni: l’autority nel settore agroalimentare ci è stata scippata da Parma, ci siamo riempiti la bocca con la logistica, che di fatto ci ha portato traffico di veicoli pesanti e poco lavoro. Ci siamo illusi di fare di Piacenza una città universitaria, contando su una scelta di indirizzi che fa sorridere. Grazie alla presenza di alcuni impianti industriali e al transito degli autoveicoli anche all’interno di una della Ztl più piccole, abbiamo livelli di inquinamento insostenibili. Il gioco del calcio è così poco sostenuto che lo stadio ha tribune ancora provvisorie. I cantieri per le nuove edificazioni (troppe) e il recupero dell’esistente, hanno una durata indefinita: i ponteggi arrugginiti e le recinzioni cadenti sono una costante del paesaggio urbano. Oggi, forti di una iniziativa di successo che ha messo in mostra alcuni capolavori artistici,  emerge la più che condivisa proposta di candidare Piacenza ad essere capitale della cultura nel 2020. Se davvero si deciderà di presentare la candidatura, il lavoro sarà immane quanto l’esito incerto. Malgrado Piacenza vanti un più che “dignitoso” patrimonio costituito da giacimenti culturali, essere città della cultura è ben altra cosa. I giacimenti storici sono troppo poco: la “culturalità” si misura nella vitalità che produce nuovi episodi collocati nella contemporaneità. Anche la rivisitazione del passato può appartenere a questa categoria, ma soltanto nel caso in cui il patrimonio storico sia occasione di nuovi studi, lavoro per ricercatori, emergere di nuove conoscenza. Mi si creda, limitarsi ad esporre i gioielli di famiglia, se pur belli, non è abbastanza. Dare la possibilità al pubblico di scalare l’interno di una cupola dipinta è cosa bella, ma è soltanto una pratica che sollecita la suggestione, alimentando solo un pochino quella conoscenza che risiede negli studi scientifici piuttosto che nelle guide turistiche.
La verità è che Piacenza ha urgentissimo bisogno di scoprire finalmente la propria vocazione, di guardare fuori, di orientarsi nell’attualità nazionale e mondiale e infine di costruire un progetto forte e lungimirante. A questo impegno ciascuno di noi sarà chiamato, nella consapevolezza che si dovranno sacrificare quelle cose che non sono funzionali allo stesso progetto. Insomma, chi amministra questa volta dovrà prendere decisioni non condivise universalmente. Non potrà limitarsi ad amministrare l’esistente, ma il futuro che dovrà costruire.

Bernardo Carli, ex preside del Liceo Cassinari, è l’animatore de La Fabbrica dei Grilli e stimato operatore culturale nel Quartiere Roma.

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