Paolo Rizzi: “Volare alto. E più
sicurezza, solidarietà e decoro”

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Paolo Rizzi

In fin dei conti il ballottaggio impone una scelta tra persone. Il battage dei partiti, il gioco delle preferenze e del peso politico delle liste a sostegno si è consumato al primo turno.
A spiccare, ora, sono i profili dei due competitor. Quello di Paolo Rizzi si disegna su un foglio politicamente quasi bianco, e viceversa su una tela di impegno civico, sociale e professionale di straordinaria articolazione. Docente di economia e marketing territoriale alla Cattolica (sedi di Piacenza e Milano), Rizzi è tra gli animatori di Cives, laboratorio di formazione che si occupa di cittadinanza. Sostenuto dall’università e dalla diocesi piacentine, si configura tuttavia come un modello di apertura e laicità. “Ti occupi di città, cittadinanza, sviluppo da una vita e ora vorresti sottrarti? Evidentemente non potevo rifiutare la candidatura”. Questo è Rizzi, che in questo modo indica proprio nella straordinaria esperienza di Cives (docenti e ricercatori di livello internazionale, giovani di valore, costante e profondo impegno socioculturale) la molla decisiva per rispondere sì alla proposta di candidarsi.
Rizzi, quali sono i suoi valori fondanti?
“Mi piace citare Dossetti. Monaco già anziano, non si sottrasse alla militanza nelle file delle Sentinelle della Costituzione: non devi avere un progetto politico tuo, vai quando sei chiamato, diceva con quel suo accento profetico. Certamente, comunque, io non sono di destra. Riprendendo Norberto Bobbio, tra le parole uguaglianza e libertà, pur apprezzando i veri liberali, non quelli finti alla Berlusconi, che in realtà è un monopolista, ritengo che allo slancio dell’individuo – di fondamentale importanza – debba affiancarsi una visione più ampia della società. L’attenzione alla sofferenza altrui, il contrasto alla povertà sono sempre stati al centro della nostra azione di cattolici impegnati. A Caritas e università si debbono i tre articolati studi sulla povertà a Piacenza, fatti sempre in modo collettivo. Detto questo, e citando il filosofo Antonio Natoli, sostengo che ‘partendo dalle lacrime’ sia possibile rendere meno ingiusta la nostra società. Io credo nello sviluppo economico che si attua attraverso le figure di straordinari imprenditori: tanti ne ho conosciuti e grazie a loro ho compreso il significato e l’importanza della libera impresa. Welfare Community, ovvero mix, collaborazione tra privato e  pubblico, questo è il modello che mi porto dentro”.
E l’esperienza in consiglio comunale con il sindaco Vaciago?
“E’ stata un’esperienza meravigliosa, mi sono divertito molto e ho conosciuto persone straordinarie. Ho assistito ai sogni di Giacomo, alla crescita di Roberto Reggi, alla difficile coesistenza tra civismo e partiti: già allora c’erano tensioni, ma uscivamo da Tangentopoli e per un po’ di anni abbiamo avuto, noi espressione della società civile, come si diceva allora, veramente carta bianca”.
Prof. Rizzi, molti a sinistra non andranno a votare. E’ un problema antico.
“Mi sono già rivolto alla sinistra e continuerò a farlo affinché il voto non si perda nell’astensionismo. Il mio è un appello all’unità del centrosinistra, unità che perseguo da sempre: la mia candidatura è arrivata con Rabuffi già in campo, viceversa avrei tentato in tutti i modi di arrivare uniti alla partenza. Chi vota per me al secondo turno non vota Pd, bensì per un candidato che li rappresenterà. Con questo, si badi, non rinnego certo la lealtà, l’impegno e l’abnegazione con i quali il Pd mi ha sostenuto e mi sostiene. Del Pd apprezzo la coerenza con l’aggettivo che ne completa il nome: democratico”.
Sì, ma quali punti in comune ha con la sinistra? Perché un elettore di Rabuffi dovrebbe apporre la crocetta sul suo nome?
“Ci sono temi importanti e istanze fondamentali che ci spingono a camminare insieme. Penso a parole chiave come Partecipazione, e intendo il termine nel suo significato più vero e più ampio: dall’assemblearismo modello Porto Alegre che piace a certi settori della sinistra radicale, ai comitati strategici, ai bilanci partecipati e perfino alle giurie popolari, cittadini estratti a sorte come nell’antica Atene. Penso a parole chiave come Welfare, sull’interpretazione e l’applicazione del quale a sinistra esistono differenze, più che altro sul rapporto pubblico privato, e che, tuttavia, costituisce un fondamento della sinistra e del centrosinistra. Mi permetto di ricordare che dall’altra parte, e in caso di vittoria della Barbieri lo toccheremmo con mano, c’è il nulla. Penso a parole come Lavoro, che dobbiamo riempire di significato adoperandoci per crearlo, mantenerlo, renderlo equo. Dobbiamo affrontare le sperequazioni che riscontriamo nei livelli di reddito. Mi riferisco soprattutto al settore pubblico, il privato è regolato dal mercato. Ma nelle partecipate il tema stipendi  andrà considerato”.
Tematiche ambientali. Dovrebbe essere un punto in comune.
“Guardi, io credo in piazze senza auto, nella progressiva riduzione del traffico urbano, nella proliferazione delle piste ciclabili. Anche in questo caso faccio notare che l’alternativa, rappresentata da Barbieri, va in opposta direzione. Ci sono poi i temi dell’inquinamento (imperativo categorico: ridurlo drasticamente) e del teleriscaldamento. Sono del parere che l’adozione di quest’ultimo sarà determinante nell’abbattimento dei livelli di mal aria urbana. Sono consapevole di come il discorso teleriscaldamento accenda il dibattito sul termovalorizzatore. E su questo, ovvero sulla sua demonizzazione, proprio non sono d’accordo con gli ambientalisti. La Via (Valutazione di impatto ambientale) più recente lo solleva dalle responsabilità imputategli da più parti. Copenaghen si è dotata di un mega inceneritore e sopra di esso ha allestito una formidabile pista da trekking; la città è piena di locali con tavoli all’aperto, nonostante il clima che sappiamo. Dobbiamo copiare i migliori. Invito tutti all’approfondimento, all’ascolto e all’accoglienza di pareri competenti e autorevoli”.
Il tema della sicurezza è un altro tema dirimente: Piacenza è sicura, almeno rispetto ad altre realtà, e tuttavia la percezione di insicurezza, anche da noi, gioca un ruolo importante nell’orientamento dell’elettore.
“Sì, anche a fronte di dati e statistiche che parlano di diminuzione dei reati la percezione diffusa di insicurezza permane, e questo è un problema reale per il cittadino che la subisce. Per questo noi lavoreremo per la sicurezza a tutto tondo, a partire dal contrasto al degrado che tanto contribuisce a far percepire come insicure zone viceversa ragionevolmente sicure. La nostra azione sarà all’insegna della solidarietà e della legalità: il rispetto dei diritti di tutti parte dall’osservanza di leggi e regolamenti, leggi e regolamenti che faremo rispettare, dalle piccole alle grandi questioni”.
Qual è, dal suo punto di vista, la vocazione di Piacenza?
“Piacenza, a dispetto di un disfattismo eccessivo e quindi sospetto, ha risorse sulle quali puntare: penso all’industria 4.0 (innovazione) e a livello urbano ed urbanistico alle grandi partite legate alla riqualificazione come volano di sviluppo: bando periferie, chiesa del Carmine, scalo ferroviario, Consorzio Terrepadane… Un quadro molto stimolante”.
E il futuro della città, in caso di vittoria del centrodestra?
“E’ un’ipotesi che mi spaventa. Beninteso, non per Patrizia (Barbieri, ndr), donna e professionista che stimo, bensì per i partiti e i movimenti che la sostengono: carenza di progetti, nessuna idea di innovazione, vacanza di idee propositive. Temo la riproposizione di un quinquiennio come lo fu quello di Gianguido Guidotti: un sindaco gentleman, senza dubbio, ma una sindacatura e un’azione di governo cittadino passata alla storia come ‘la giunta grigia’”.

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