Il centro storico si svuota, il sociologo Nuvolati:
“Viviamo in una città che non ci appartiene”

0

di Elena Caminati – Il centro della città si trasforma e con esso si sfaldano anche i clichè. Straniero uguale periferia, oggi non esiste più. Neppure a Piacenza. E questo, al di là degli episodi di cronaca delle ultime settimane che hanno visto proprio come vittime esercenti del centro e come esecutori italiani incensurati, crea incertezza e paura. Perchè la conformazione della città è cambiata, soprattutto in centro da dove la gente se ne sta andando. “Non è più rilevabile la presenza di una rete di solidarietà – spiega Giampaolo Nuvolati  docente di sociologia urbana – un capitale sociale forte che poteva esercitare una sorta di controllo sociale come era il quartiere popolare una volta”.
Controllo sociale: quando tutti cioè conoscevano tutti, dal vicino, al negoziante sotto casa, all’edicolante. Oggi il centro si sta svuotando, i negozio chiudono e cambiano gestione dalla sera alla mattina. “La città nel centro si sta svuotando – continua – noi sappiamo che le città si allargano a macchia d’olio, e questo genera il fatto che ad una certa ora il centro si svuota. Questo processo significa che le città non crescono più in senso verticale ma orizzontale. Se in centro ci si lavora, ma non vi si abita, si va ad indebolire il tessuto delle relazioni”.

Giampaolo Nuvolati
Giampaolo Nuvolati

Un altro fattore che determina lo svuotamento del centro città è che la maggior parte delle persone che lo vivono non sono conosciute. La popolazione autoctona viene in città solo per consumare non per viverla. “Tutto questo crea, a lungo andare, incertezza. Da queste condizioni ci sentiamo stranieri, perchè non c’è più la continuità di un tempo e ciò genera paura”.
E in futuro questo quadro sarà sempre più nitido e preciso: città popolata solo in certe ore e per certi scopi, e sempre meno vissuta dalle comunità. Città sempre più liquide, confine ancora più labili che finiscono per generare, anche inconsapevolmente, incertezza e paura. “Pensiamo come era Piacenza negli anni 50 – conclude Nuvolati – centro abitato, bar affollati anche di giorno. Oggi il consumatore viene da altri territori, i nostri giovani vanno a Cremona per la movida, gli immigrati si fermano da noi per un paio di anni poi se ne vanno. Pensiamo cosa era l’immigrazione nel dopoguerra, persone che arrivavano e qui si stanziavano per tutta la vita. Se si considera tutto questo contesto, è inevitabile il senso di paura e insicurezza”.

Il servizio completo su www.zerocinque23.com

LASCIA UN COMMENTO

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.