Le grate della Prefettura
e gli allarmi dei giornali

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grateLa raccomandazione della Prefettura, scaturita da una recente riunione del Gruppo di lavoro sulla sicurezza nelle abitazioni, ha suscitato un vespaio. A fronte dell’allarme furti, la Prefettura ha diramato la raccomandazione ai cittadini di dotarsi di “adeguati sistemi di difesa passiva”, dall’allarme alla porta blindata fino alla tradizionale inferriata alle finestre. Le tante reazioni seguite alla nota prefettizia (meglio: uscita dalla Prefettura, luogo ospitante di un tavolo formato da enti e associazioni tra cui Comune, Questura, Carabinieri, Associazione Proprietari Case – Confedilizia), come facilmente prevedibile, vanno dall’ironico all’indignato e “Libertà”, il principale quotidiano locale, ha colto l’occasione per mettersi dalla parte di una ideale schiera di derubati. Le vie del populismo, d’altronde, sono scontate e potenzialmente infinite:  “Quello del Prefetto – scrive Libertà – è un suggerimento che ha un po’ il sapore di una dichiarazione di fallimento dello Stato”.
Ora, parlare di sconfitta dello Stato è eccessivo, ma certo è che rispondere alla emergenza furti con l’invito a dotarsi di inferriate alle porte, sbarre alle finestre (cani da guardia, no?) suona come una sottovalutazione del fenomeno, sottovalutazione anche un po’ colpevole, o almeno come tale interpretabile, di fastidiosa irrisione. Se le richieste di militarizzare la città sono eccessive (eufemismo), così come trista e pericolosa è come sempre la strumentalizzazione politica, di pancia, delle emergenze, è altrettanto vero che l’epidemia di furti in abitazione ha assunto dimensioni che le autorità, ad ogni livello, non possono ignorare. E a spargere sale sulle ferite, ancora una volta, è la constatazione che le vittime dei furti, in percentuale maggiore, sono normali cittadini, famiglie di lavoratori e pensionati, quasi sempre già provati dal ridimensionamento del potere d’acquisto dei loro salari e delle loro pensioni. Naturale, quindi, la risentita replica di una anziana signora all’invito prefettizio di dotarsi di barriere antintrusione: “Con cinquecento euro al mese che sbarre posso mettere?” Già, il pongo quanto costa?
In ogni caso, al di là della infelice forma di comunicazione che immaginiamo uscita improvvidamente dall’ufficio stampa della Prefettura, resta il fatto sicuro che un problema-sicurezza esiste e che la politica, e il governo della città in questo caso, ha sottovalutato per molto tempo. Chi è ricco – questo è il sentire comune – può permettersi sorveglianze private e sistemi di protezione all’avanguardia, chi non arriva alla fine del mese è spesso preda del panico provocato da una guerra tra poveri in cui chi sta un po’ più in basso nella scala sociale va a colpire chi sta appena più in alto. L’auspicio è che si inauguri una riflessione su un tema nevralgico, trascurato per troppo tempo e spesso liquidato con fastidiosa sufficienza.  Alle destre è stato concesso fin troppo vantaggio. Il governatore della Lombardia Roberto Maroni, in visita in val Tidone, c’è subito saltato dentro: “Ho letto le dichiarazioni del vostro prefetto, mi hanno sorpreso. E’ lo Stato a dover garantire la sicurezza. Non può uno Stato dire ai suoi cittadini arrangiatevi, sono affari vostri”. L’ex questore Innocenti, viceversa, ha preventivamente bollato come inutili eventuali ronde.
I cittadini dalla politica si sentono abbandonati ma le ronde di giustizieri, in effetti, lasciamole ai film.

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