Pubblichiamo l’intervento di Cristian Lertora, presidente provinciale Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi), che denuncia il proliferare di ristoratori improvvisati.
“Alla luce delle recenti festività natalizie e del Capodanno, credo sia giunto il tempo nel quale i Comuni e le autorità preposte ai controlli mettano un freno a questa politica distruttiva. Circoli, associazioni di ogni genere, agriturismi che propongono giro pizza e pesce di mare, menù lavoro come un qualsiasi ristorante. Chiunque abbia voglia di fare cassetta e integrare il proprio reddito decide di fare della ristorazione e della somministrazione il proprio core business, nascosto dalle solite definizioni super abusate: associazionismo, volontariato, no profit etc… Chiunque abbia voglia di manipolare e somministrare cibo, pur facendo tutt’altro nella vita, rischiando a volte gravi problemi a livello igienico-sanitario e a livello di conservazione dei cibi, non avendo i requisiti né le conoscenze, si mette in competizione a livello di prezzi e offerta con la ristorazione dei professionisti, che hanno invece strutture dai costi pesantissimi, continui aumenti della burocrazia, dei balzelli e delle regole, continui aumenti dei costi delle utenze, energia elettrica, gas, acqua etc. La tassa dei rifiuti è diventata insostenibile, praticamente un secondo affitto. Credo sia arrivato il momento di dire basta. Non siamo soliti condividere notizie di testate giornalistiche, ma in questo caso, è doveroso fare un’eccezione, al fine di creare un appello. Leggiamo (notizia Ansa) che, alla fine del 2015 si contavano 367mila attività, tra ristoranti (197mila imprese) e caffetterie (170mila), sparse in tutta Italia. In crescita di oltre 31mila unità rispetto al 2011. Delle nuove aperture, tre su quattro hanno abbassato la saracinesca e oltre il 45% non è riuscita a resistere al terzo anno di vita. Aggiungiamoci che negli ultimi 6 anni le iscrizioni alla scuola alberghiera hanno superato quelle agli istituti professionali. Dove pensate che finiranno tutti questi ragazzi? Ma è chiaro, cercheranno di farsi largo nel settore della ristorazione. Questi due dati, incrociati, ci forniscono un’istantanea piuttosto accurata del settore. La stessa istantanea descrive bene due fenomeni: 1) non ho un lavoro, quindi me lo invento; la gente prova a inventarsi un lavoro, improvvisandosi barista, ristoratore, cuoco o un hipster nostrano che mischia tutte e tre le professioni sopracitate (non riuscendoci, beninteso!); 2) L’assalto alla diligenza; i vari talent show basati sulla cucina, i riflettori puntati sugli chef superstar e chi più ne ha più ne metta hanno martellato per anni un unico messaggio: la cucina, e quindi la ristorazione, è alla portata di tutti, anche dei dilettanti, hanno contribuito a dipingere il settore della ristorazione come un grosso e grasso salvadanaio dal quale attingere a piene mani, e in quantità. Non è così. Ma, come si dice: ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità. E la gente se l’è bevuta, e infatti tutti si buttano sulla ristorazione, perché tanto “Che ci vuole ad aprire un bar/ristorante?” Ristoratori, è compito nostro invertire questo trend e sbugiardare questa enorme truffa. Anzi, deve diventare la nostra missione. E questo è l’appello che lanciamo. Se riuscissimo a far passare il messaggio che la ristorazione è un lavoro vero, complesso e non alla portata di chiunque abbia due soldi da parte da investire in un ristorante, avremo fatto il bene di tutti”.
Cristian Lertora, presidente Fipe