Beato quel popolo che non ha bisogno di eroi,
ma ha a cuore i poeti

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DI JENNIFER RAVELLINI – Per un Paese di santi, navigatori e poeti è paradossale che tutti scrivano poesie, ma nessuno le legga. Classica eccezione alla regola della domanda e dell’offerta. Nonostante tutto, Milano celebra la sua Poetessa dei Navigli, suggerendo un parco letterario a quell’Alda Merini osannata più da morta che da viva, come da copione.
La brevità del verso si accorda perfettamente coi tempi stretti e l’affanno della vita di tutti i giorni, con le pause pranzo o le attese in coda alla posta, eppure la poesia fa un po’ l’effetto dell’arte: allontana anziché avvicinare. Il consiglio alla Maurizio Costanzo è: tenete un libro di poesie sul comodino, se preferite chiamatelo pure livre de chevet, e leggete qualche verso prima di addormentarvi. Scoprirete che i poeti non vivono arroccati nella torre eburnea, ma parlano di noi e ci suggeriscono prospettive insolite e piani b anticonvenzionali.
Per Whitman prima ed Hemingway poi, la poesia avrebbe salvato il mondo, ma qualche anno dopo Patrizia Cavalli pubblicherà arrendevole Le mie poesie non cambieranno il mondo. In realtà il poeta non è solo il gobbetto pessimista di Recanati o il saltimbanco di un’anima alla Palazzeschi, ma  un uomo che prende posizione e ha il coraggio di metterci la faccia oltre alle rime. È Erri De Luca, rinviato a giudizio per istigazione a delinquere, che affila La parola contraria per pugnalare la TAV in Val di Susa. È Franco Arminio, paesologo e animatore del blog Comunità provvisorie, in prima linea contro l’installazione delle discariche in Alta Irpinia e contro la chiusura dell’ospedale di Bisaccia, in provincia di Avellino.
Conveniamo con Arminio: “È molto grave che il mondo abbia dichiarato un vero e proprio embargo  verso i poeti…Lo scopo è opacizzare tutto, rendere tutto intercambiabile, omologabile, smerciabile. Questa è una società totalitaria e come tale non può che essere ferocemente ostile al grido solitario del poeta, alla sua natura irrevocabilmente intangibile. Il poeta è fuori dall’umano e come tale è un pericolo. Gli uomini non possono tollerare che esistano creature che hanno gli occhi, il cuore e le parole.”
666 anni fa il salone di Palazzo Gotico riceveva la visita di Francesco Petrarca. Oggi una città, che concorre per il titolo di Capitale italiana della Cultura 2020, dovrebbe lasciare i tecnici al loro posto e  chiamare a raccolta i poeti. I poeti sperimentano, approfondiscono, interpretano e sovvertono. I poeti sono sempre rivoluzionari. “Oggi essere rivoluzionari”, verseggia Arminio, “significa togliere / più che aggiungere, rallentare più che accelerare, / significa dare valore al silenzio, alla luce, / alla fragilità, alla dolcezza” che, tradotto in concreto, diventa un manifesto del risparmio energetico e della priorità al sociale. “La poesia è dei santi e delle bestie, / mai dei colti e dei precisi”.
La poesia è comunicazione, ma non scivola in gaffes alla Trump e non scade in siparietti alla Berlusconi. “Stia zitto chi fa il giornalista nei salotti. / Non servono / i mestieranti dello sdegno, / i mercanti del frastuono. / Per raccontare certi luoghi ci vogliono la poesia, / il teatro, il canto.” E forse non solo per raccontarli. In altri termini: “abbiamo bisogno di contadini, / di poeti, di gente che sa fare il pane / che ama gli alberi e riconosce il vento”, più che di politici.

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